L'inchiesta. Mafia Capitale, i profitti su rom e migranti
«Noi quest’anno abbiamo chiuso... con quaranta milioni di fatturato, ma tutti i soldi… gli utili li abbiamo fatti sui zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero». È il "colletto bianco" Salvatore Buzzi, in una conversazione registrata dai Carabinieri del Ros, a dare un’idea precisa del gigantesco giro di profitti che la cooperativa da lui presieduta, la «29 giugno» (fondata negli anni Ottanta da ex detenuti di Rebibbia ed aderente a Legacoopsociale, che ieri ha espulso Buzzi e altri tre indagati), era riuscita a mettere insieme grazie alla presunta rete di legami politico-affaristico-mafiosi, che proiettava la propria ombra criminale dalle periferie capitoline fino al Campidoglio e alla Regione Lazio: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? – diceva con spavalderia Buzzi –. Il traffico di droga rende meno...».Il business sociale era una delle fonti di ricchezza della cosiddetta «Mafia Capitale», come l’ha chiamata il procuratore Giuseppe Pignatone, disarticolata lunedì con la maxi operazione «Mondo di mezzo» e descritta minuziosamente nelle oltre 1.500 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Flavia Costantini. Un provvedimento in seguito al quale si trovano agli arresti per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di vari reati 37 fra amministratori locali, manager ed esponenti della criminalità capitolina (ancora irreperibile risulta il 39enne Giovanni De Carlo, detto «Giovannone»), mentre informazioni di garanzia sono state recapitate ad oltre 100 indagati, fra i quali l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, l’ex assessore alla Casa dell’attuale giunta Pd, Daniele Ozzimo, e l’ex presidente dell’Assemblea capitolina, Mirko Coratti, dimessisi ieri. I tre si sono dichiarati estranei.Scena muta. A Regina Coeli, durante gli interrogatori di garanzia, molti arrestati sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Scena muta, davanti al gip, del presunto capo, l’ex membro dei Nar Massimo Carminati, e di altri 13 (fra cui lo stesso Buzzi, Riccardo Brugia, Fabrizio Franco Testa, Salvatore Buzzi e Luca Odevaine). Mentre l’ex ad dell’Ama, Franco Panzironi ha respinto le accuse: «Non sono mai stato a libro paga di nessuno», avrebbe replicato alle contestazioni, giudicando «un fatto normale» presunti finanziamenti sospetti (circa 40mila euro) verso la Fondazione Nuova Italia presieduta da Alemanno. Ma i magistrati intendono approfondire: in un passaggio dell’ordinanza, gli uomini legati a Carminati si lamentano dei «soldi dati a Panzironi», fino a «15mila euro al mese».La pista della Regione. Dopo le perquisizioni in centinaia di abitazioni e uffici privati, in Campidoglio e presso la Regione Lazio, investigatori e magistrati stanno iniziando a esaminare l’enorme mole di materiale: carte, atti ma anche files di computer. In un passaggio dell’ordinanza del gip si legge di «una non meglio precisata gara da 60 milioni», alla quale avrebbe fatto cenno lo stesso Carminati, ricordando «ai presenti che in Regione Lazio potevano contare anche sull’appoggio di Luca Gramazio», a sua volta indagato: «Se c’è da dare una spinta...», allude Carminati.Armi «per minaccia». Oltre alle tangenti e agli "stipendi", la mala romana a capo della cupola non rinunciava agli arnesi del mestiere: un’arma, dice Carminati «per anna’ a minaccia’ la gente quando mi sento aggressivo e dice anvedi questo è matto». Poi afferma di «aver già speso 25 mila euro» per 4 «silenziatori» e 3 mitragliette automatiche «MP5», mentre il suo braccio destro Brugia gli segnala la necessità di comprare giubbotti antiproiettile in Kevlar: «Se c’hai quello – ribatte l’ex membro della Banda della Magliana – te salvi».L'autosospensione di Alemanno. L'ex sindaco Gianni Alemanno, il cui nome figura nella lista degli indagati, ha annunciato la sua autosospensione da Fratelli d'Italia con una lettera al presidente Giorgia Meloni. "Ti comunico la mia irrevocabile decisione di autosospendermi da tutti gli organi del Partito, fino a quando la mia posizione non sarà pienamente e positivamente chiarita. In questo momento il mio impegno principale non può non essere quello di capire realmente la portata di questa inchiesta e di dimostrare in maniera chiara e puntuale, in tutte le sedi, la mia estraneità agli addebiti che mi vengono mossi". Lo sdegno della Boldrini. Sulla vicenda è intervenuta anche Laura Boldrini, presidente della Camera. "Manifesto totale sdegno. Bisogna fare quanto prima chiarezza, chi ha responsabilità deve renderne conto quanto prima". Renzi commissaria il Pd. Nonostante le richieste del Movimento 5 Stelle di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, Marino sembra resistere al terremoto dell’inchiesta sulla "Mafia Capitale". Se la poltrona del Sindaco per ora non traballa, è il Pd romano a essere nella bufera. Tanto da spingere Renzi, che si dichiara «sconvolto» dall’inchiesta in corso, a deciderne il commissariamento. Perché le rivelazioni dei magistrati sui patti scellerati tra certa destra romana, imprenditori e criminalità non ha risparmiato pezzi del Partito democratico. «Credo che i politici romani debbano fare una riflessione – dice Renzi – e alcuni debbano sfilarsi. Ho accolto la proposta di Cosentino (il segretario del pd romano, ndr) di un passo indietro, e ho chiesto il commissariamento nella persona di Matteo Orfini».All’indomani del cataclisma romano, Ignazio Marino prende intanto le distanze, ribadisce la sua "marzianità" e assicura di aver «sbarrato le porte agli inciuci e ai rapporti poco chiari». Per il sindaco-chirurgo è ora di «cambiare la città» con un "governo degli onesti".