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IL PERSONAGGIO. L'addio di Milano ad Alda Merini fra i suoi versi e gli applausi

lunedì 2 novembre 2009
Tra i versi delle sue poesie, con l'abbraccio della gente comune, nella 'finta' indifferenza della sua Milano. Se ne va così Alda Merini, fra gli applausi di un Duomo quasi pieno, ma non stracolmo come per l'ultimo saluto a Mike Bongiorno. Il funerale di Stato della poetessa 'ribellè è stato riservato come la sua vita fatta di parole e silenzi, di versi e dolore. Un"avventura lancinante della sofferenza" spiega monsignor Franco Giulio Brambilla nella sua omelia. Un'esistenza vissuta lungo le sponde del Naviglio "ultimo scorcio d'una Milano d'altri tempi", nella sua casa "guazzabuglio di cose".Una poetessa nata "il primo giorno di primavera del 1931" e "sbocciata anzitempo come un fiore precoce". Sono gialle le rose adagiate sulla sua bara di legno scuro, i fiori omaggio dei suoi quattro figli seduti a pochi passi da alcune autorità, tra cui il sindaco di Milano, Letizia Moratti e i ministri delle Riforme e dell'Istruzione, Umberto Bossi e Mariastella Gelmini. Un applauso accoglie il feretro all'ingresso e all'uscita dal Duomo per una donna che non ha conosciuto solo un "acuto senso materno", ma anche "la discesa negli inferi" con il manicomio.A renderle omaggio, alla fine della funzione religiosa, è l'amico-compositore Giovanni Nuti che le dedica il brano 'Il legnò. Poi, il feretro viene caricato sul carro funebre mentre su un video, in piazza Duomo, scorrono i versi delle sue opere. E le sue frasi, come nei tanti messaggi lasciati sui registri della camera ardente, sembrano le più appropriate: "Si potrebbe lasciare Milano per sempre solo per andare in Paradiso, ma forse desidererei, anche da li, la mia casa sui Navigli".