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Legge regionale. Aiuti ai minori, scontro in Piemonte sull'allontanamento

Luciano Moia sabato 18 gennaio 2020

Bufera di critiche sul disegno di legge del Piemonte che punta a ridurre gli allontanamenti dei minori dalle famiglie in difficoltà. Interventi sempre drammatici ma spesso indispensabili di fronte a situazioni di grave pregiudizio per i bambini, come maltrattamenti, gravi forme di incuria, abusi. Ma al di là di questi casi estremi, è possibile sostenere le famiglie, con aiuti mirati di tipo economico ed educativo, per evitare che i figli vadano in affido familiare o in strutture d’accoglienza?

Secondo l’assessore alle politiche sociali e alla famiglia, Chiara Caucino, che ha promosso il provvedimento ora in discussione, in sei casi su dieci, l’allontanamento dalle famiglie potrebbe essere evitato.

A parere invece di coloro che si oppongono al provvedimento si tratta di una strada impraticabile. Non solo – secondo le voci più critiche – la giunta di centrodestra, sull’onda del caso Bibbiano, punterebbe a demolire per motivi demagogici l’intero sistema di tutela dei minori in difficoltà riducendo i finanziamenti alle associazioni che si occupano di affido e di accoglienza a favore delle famiglie più fragili.

Non piace neppure il titolo del provvedimento – "Allontanamento zero" – perché, si dice, potrebbe ingenerare sfiducia e sospetto sia negli operatori (assistenti sociali, psicologici, neuropsichiatri) che si propongono invece di tutelare il minore, sia nelle famiglie che si aprono all’affido.

Le critiche sono sintetizzate in alcuni documenti. Il primo firmato da un gruppo di una ventina di docenti di psicologia, pedagogia e sociologia dell’Università di Torino, oltre ad alcuni professori di altre università. Il secondo testo, che ripercorre gli stessi punti in forma più sintetica, è stato sottoscritto da sei associazioni.

Ma non basta. Contro il disegno di legge si è schierato anche il Pd, che la scorsa settimana ha organizzato una conferenza stampa per confutare le tesi dell’assessore Caucino, mentre sono annunciati una serie di flash mob da parte delle famiglie affidatarie. Negli ultimi giorni si è mosso anche l’Ordine degli avvocati piemontesi, sottolineando alcune incongruenze tra questo disegno di legge e la norma nazionale che di fatto – se fosse approvato in questi termini – lo metterebbe a rischio di essere invalidato da Roma. Inoltre quanto previsto dal progetto, secondo gli avvocati, «non può in ogni caso impattare sui provvedimenti di allontanamento disposti dall’autorità giudiziaria».

Perché l’idea di aiutare "un po’ di più" le famiglie in difficoltà e "un po’ meno" le associazioni dev’essere considerata impraticabile? I documenti prodotti da docenti e associazioni sono ricchi di approfondimenti tecnici e statistici. Senza entrare nel merito di dettagli giuridici molto specifici, è probabilmente vero che il ddl della Regione Piemonte presenta aspetti per alcuni versi incompatibili con la legge statale, la n.184 del 1983.

Ed è certamente vero che il proposito di risolvere, senza allontanamenti, il 60 per cento dei casi potrebbe risultare troppo ottimistico sulla base di una lettura statistica comparata, secondo cui in otto casi su dieci l’allontanamento sarebbe motivato da cause non facilmente risolvibili all’interno della famiglia d’origine. Per alcune situazioni – secondo i docenti – gli allontanamenti sarebbero indispensabili «perché i tempi di recupero del genitore non coincidono spesso con le esigenze primarie del minore: lasciare per anni un bambino in una famiglia gravemente trascurante, in attesa di valutare se i genitori riescono a recuperare adeguate capacità di cura – si legge ancora nel testo – è un’operazione a forte rischio».

Ma Chiara Caucino tira diritto per la sua strada: «L’allontanamento non è un’azione preventiva ma un fallimento. Lavoreremo, disponibili all’ascolto delle minoranze, per ridurre a zero questo problema».

Sullo sfondo il tema delle risorse. È vero che non sono previsti aumenti di bilancio e che quindi i 9 milioni stanziati per il 2020 e i 12 milioni per il 2021 deriverebbero dal risparmio ottenuto con la riduzione del 60 per cento degli allontanamenti. Ma, precisa l’assessore, «destineremo il 40% delle risorse per azioni di sostegno e per prevenire l’allontanamento». L’obiettivo sarebbe quello di destinare alle famiglie d’origine un contributo economico «almeno pari alla retta in presidio o al contributo dell’affido».

Ma si potrà fare questa operazione senza prevedere le risorse necessarie per il sostegno delle famiglie d’origine? «Che sia possibile ridurre gli allontanamenti – risponde l’assessore Caucino – lo dimostrano i dati disaggregati per Consorzio. A parità di numero di minori, esistono Consorzi che allontanano anche tre volte in più rispetto ad altri, con percentuali inferiori al 2 per mille complessivo di minori allontanati». E ribadisce il proposito del suo disegno di legge: «Vogliamo assolutamente evitare continui traumi ai bambini che già vivono situazioni di estrema difficoltà, sostenendo le famiglie attraverso i Piani educativi per le famiglie».

Rimangono sullo sfondo alcune storiche carenze del sistema di tutela, e non solo in Piemonte, che il disegno di legge non sembra potere – o volere – risolvere. Carenze di personale, precarietà dei contratti per la maggior parte degli assistenti sociali (si può far gestire procedure di allontanamento complesse, talvolta strazianti, a un assistente sociale con un contratto trimestrale?), disomogeneità territoriale e difficoltà di integrazione sociosanitaria.

Il problema riguarda quei genitori con problemi di dipendenza o di tipo psichiatrico seguiti dai vari presidi sanitari che però non hanno sostegni educativi proprio per lo scollamento tra i due ambiti. Ma, invece di una contrapposizione così aspra, non sarebbe più opportuno inserire positivamente in questi snodi le finalità previste dal nuovo disegno di legge? Un’alleanza per i minori al posto di uno scontro che alla fine non risolverà nulla.