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IL CASO. Ru486, l'Aifa tira dritto e non modifica la delibera

Pier Luigi Fornari mercoledì 2 dicembre 2009
Nessuna modifica dal Consiglio di amministrazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla delibera varata il 30 luglio per la commercializzazione della pillola abortiva Ru486, considerata dal cda «pienamente coerente con l’esigenza di garantire che il percorso abortivo avvenga in ambito ospedaliero». Il vertice dell’agenzia, riunito in seduta straordinaria, cioè solo per trattare del farmaco, respinge così la richiesta del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, di specificare che l’intera procedura, «fino all’accertamento dell’avvenuta espulsione dell’embrione», deve essere effettuata «in regime di ricovero ordinario». Se questa pratica non sarà «effettiva» e «diffusa», ribatte Sacconi, «si evidenzierà una manifesta incompatibilità con la legge 194». È solo la formula del «ricovero ordinario» infatti che può scongiurare la procedura del day hospital, adottata durante la sperimentazione da alcune regioni. Una prassi, che inoltre come dimostrano i dati recenti sui decessi provocati dalla pillola, espone le donne specialmente le giovani, a gravissimi rischi. La lettera di Sacconi, che esplicitava la richiesta del «ricovero ordinario», indirizzata al presidente dell’Aifa, Sergio Pecorelli, era stata del resto sollecitata dalle conclusioni della indagine conoscitiva approvate pochi giorni fa dalla Commissione Sanità del Senato. Il cda dell’agenzia esprime «condivisione e apprezzamento» per quella presa di posizione del ministro. Ma trincerandosi nelle sue competenze «limitate al regime di fornitura/modalità di dispensazione del farmaco», rimette a Sacconi e «alle autorità competenti l’emanazione dei provvedimenti applicativi o specificativi» della delibera atti a garantire «il pieno rispetto della legge 194» sulla interruzione della gravidanza «nonché l’osservanza sul territorio delle modalità» richieste dal governo.Decisa la replica del ministro: l’Aifa «non ha voluto chiarire in modo definitivo se abbia ragione il presidente dell’Agenzia, che in più occasioni mi ha personalmente ribadito essere necessario il "ricovero ospedaliero ordinario" o se, al contrario, abbia ragione» il consigliere dell’agenzia, Giovanni Bissoni, assessore della regione Emilia-Romagna, «che ha pubblicamente affermato essere sufficiente il day hospital». E infatti, puntualissimo, Bissoni si riconosce «pienamente nelle decisioni del cda, che «non entra nel merito della natura del ricovero ospedaliero, ordinario o day hospital». «Oggettivamente – risponde Sacconi – non vedo come il day hospital possa essere coerente con la delibera adottata dall’Aifa, tanto più che l’attività di farmaco-vigilanza dell’Agenzia presuppone il monitoraggio continuo in ambito ospedaliero». Il ministro, in ogni modo, ribadisce che «se non si riscontrerà la effettiva, diffusa, pratica del ricovero ospedaliero ordinario per le persone sottoposte ad aborto farmacologico, si evidenzierà una manifesta incompatibilità con la legge 194, di cui dovrebbero prendere atto Parlamento e Commissione europea per le decisioni conseguenti».«Ponzio Pilato in confronto all’Aifa era un decisionista», ironizza il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, chiedendo all’Agenzia di «spiegare in che modo intende esercitare l’attività di farmacovigilanza sulla pillola Ru486, attività che le spetta e che è prevista dalla stessa legge 194». Se non c’è chiarezza sulle modalità del ricovero e sulla permanenza in ospedale per l’intero percorso abortivo, domanda la Roccella «come si potrà sapere quali sono gli eventi avversi, gli effetti collaterali, i tempi, i modi, i luoghi in cui avviene l’aborto vero e proprio?». Dunque «se l’Agenzia ha deciso di non decidere», il governo, avverte il sottosegretario, «è però consapevole che è necessario tutelare la salute delle donne in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale fornendo un’assistenza adeguata e continua alle donne, e garantendo ovunque l’applicazione della legge 194».Ha votato contro la posizione assunta dalla maggioranza del cda, Romano Colozzi, assessore alle Finanze della Regione Lombardia, che già si oppose al primo via libera al farmaco del 30 luglio. «Ho sempre sostenuto che per garantire coerenza con la legge 194 fosse necessario almeno il "ricovero ordinario" fino all’espulsione del feto, per la sicurezza stessa della donna», spiega Colozzi, avvertendo, in ogni caso, che «l’immissione in commercio di questa pillola abortiva sarà fonte di contenziosi notevoli sia rispetto alle competenze di Stato e regioni sia sulle responsabilità dei medici».D’accordo con Sacconi il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: «Se non sarà rispettata la legge 194 ci saranno azioni conseguenti in sede interna, in sede europea ed anche in sede giudiziaria perché chiunque consentisse l’uso della Ru486 con l’espulsione del feto fuori dall’ospedale sarebbe responsabile di gravi violazioni». «Dall’Aifa giunge una decisione ideologica», dichiara per l’Udc, Luca Volonté, invitando il governo ad assumersi la responsabilità di rendere compatibili con la legge 194 «le delibere di un organo che, seppur indipendente, non può rifiutarsi di rispettare una legge dello Stato». Sacconi, assicura, avrà «il pieno sostegno di un’ampia maggioranza bipartisan in Parlamento», se procederà «nella direzione da egli stesso annunciata». A guidare gli applausi di varie esponenti del Pd, Livia Turco, che in altre occasioni si vantò di essere stata responsabile del Ministero della Salute, quando iniziò la procedura di autorizzazione del farmaco abortivo.