Attualità

Il lutto. Vincenzo Agostino, il papà antimafia che chiedeva giustizia vera

Antonio Maria Mira lunedì 22 aprile 2024

Vincenzo Agostino aveva 87 anni

«Noi cerchiamo verità, non vendetta. La verità su chi mi ha tolto il bene di un figlio, di una nuora, di un bambino che non ho mai conosciuto». Così ci ripeteva Vincenzo Agostino, morto domenica a 87 anni. «Protagonista di un costante e coraggioso impegno contro i crimini della mafia e per la ricerca della verità» lo ha definito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella in un messaggio di cordoglio. Lo era da 35 anni, da quel 5 agosto 1989 quando a Villagrazia di Carini “cosa nostra” gli uccise il figlio Nino, poliziotto di 28 anni e la moglie Ida, 19 anni, incinta di 5 mesi. Da allora Agostino aveva giurato che non si sarebbe tagliato né barba né capelli, «fin quando non avrò verità. Mio figlio aveva giurato fedeltà allo Stato, che invece alcune mele marce hanno tradito». È morto con ancora quella candida chioma di capelli e barba che lo aveva fatto conoscere ovunque, vero simbolo dell’impegno nella ricerca della giustizia e della verità, che purtroppo manca per l’80% dei familiari delle vittime innocenti delle mafie. Portava la sua voce e la sua testimonianza in giro per l’Italia, soprattutto nelle scuole, sempre assieme alla moglie Augusta, mano nella mano, fino al 2019 quando la compagna di 60 anni di vita aveva raggiunto il figlio Nino. Vincenzo il giorno del funerale aveva quasi urlato «La giustizia trionferà, sono sicuro trionferà». Ci credeva davvero. Così era in prima fila ogni 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa da Libera, accanto agli altri familiari e a don Luigi Ciotti, che domani celebrerà il funerale nella Cattedrale di Palermo. Non è riuscito a tagliare barba e capelli ma ci sperava molto. Lo scorso 6 ottobre, dopo che la corte d’appello aveva confermò l’ergastolo per il boss di Resuttana Nino Madonia, disse: «Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora. Soddisfatto anche per mia moglie, desideravo tanto che ci fosse anche lei accanto a me. Ora toglierò la scritta sulla sua lapide, “una mamma morta in attesa di verità e giustizia”».

Vincenzo Agostino con la moglie Augusta morta nel 2019 - undefined

Agostino aveva assistito a tutte le udienze sia del processo in abbreviato a Madonia sia a quelle col rito ordinario a carico di Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto. «Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario. In caso di condanna, quel giorno potrò mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio. Intanto, Madonia resta in carcere, io spero che adesso decida di pentirsi e di raccontare tutto quello che sa». Quel giorno non è arrivato. La corte d’assise si deve ancora pronunciare, Madonia non ha mai parlato e sulla morte di Nino Agostino restano ancora tanti misteri. Sulle parole di Giovanni Falcone che aveva detto di dover la vita al giovane poliziotto. Sul suo reale ruolo di “cercatore” di latitanti. Sui depistaggi. Sulla presenza nella vicenda di uomini dei servizi segreti. Quelle “mele marce” che Vincenzo denunciava a voce alta. «Se non avremo giustizia non avremo pace», ripeteva e per questo si impegnava per sé, per la sua famiglia e per tante famiglie colpite dalle mafie. «Gli dobbiamo gratitudine - ha detto ieri don Ciotti - perché, attraverso il suo esempio, tante altre persone e famiglie hanno trovato la forza di trasformare la memoria sofferente in un impegno di speranza». Ora Vincenzo, accanto alla sua amata Augusta, a Nino, Ida e al bimbo mai nato, ha raggiunto quella pace tanto cercata, sta a noi dare a loro la definitiva giustizia.