Offesa a Eucaristia e suore. Cosa non si fa per vendere le patatine
Se si fosse sicuri della qualità e del proprio marchio basterebbe la parola (come recitava il Carosello del celebre «confetto che regola l’intestino»), ma evidentemente per le “chips” nate dall’italico genio di due amici, Alfredo Moratti e Andrea Romanò (e per questo chiamate con volo pindarico “Amica Chips”), c’è bisogno di altro. Più precisamente di provare a sfruculiare la sfera più intima dei possibili consumatori, che non è quella che si potrebbe supporre (parlando di patatine), ma il sentimento religioso. E cosa non si fa per venderle, le patatine.
Questi i fatti: su Youtube si trova la nuova “pubblicità regresso” di Amica Chips, in cui, sopra le note dell’Ave Maria di Schubert suonata all’organo, le candide novizie si apprestano a ricevere l’Eucaristia dalle mani del sacerdote. Intanto in sacrestia la madre superiora si è accorta che nel tabernacolo la pisside è vuota di ostie. La scena torna in chiesa mentre la prima novizia riceve il corpo di Cristo che però, a osservarlo bene, è una patatina: così croccante (ecco il messaggio pubblicitario) da risuonare tra le navate con un sorprendente scrocchio, e così buona (secondo messaggio) che la suorina sorride sgranando gli occhi per il piacere e il sacerdote esterrefatto scopre la pisside ripiena di chips. Gli sguardi di tutti a quel punto convergono sulla colpevole, la corpulenta superiora che seduta in sacrestia scrocchia a sua volta ingurgitando patatine dal pacchetto reclamizzato, mentre una voce recita «Amica Chips, il divino quotidiano».
Questa la versione digitale dello spot, mentre sui canali televisivi vanno in onda, su richiesta delle stesse reti, altre due versioni più edulcorate: una in cui non si vede cosa offra il sacerdote, restando così nell’ambiguità, e un’altra in cui invece il prete offre una vera ostia. Niente di nuovo, insomma, solo il refrain di provocazioni trite e ritrite, in cui si pensa che vendere faccia rima con offendere. E che il terreno più fertile dell’offesa sia proprio il credo religioso. Appartiene al millennio passato (primi anni Settanta) il famigerato slogan «Chi mi ama mi segua» e «Non avrai altro jeans all’infuori di me», manco a dirlo pubblicità della linea Jesus Jeans, seguìto a ruota da una serie infinita di banali tentativi di smerciare ogni sorta di prodotto utilizzando i simboli cristiani.
La marca di patatine, quindi, se voleva farsi notare doveva alzare il tiro e così è andata oltre, superando il confine del buon gusto e soprattutto del lecito. Perché qui non si tratta di giochi di parole tutto sommato anche simpatici, ma di ironizzare sull’Ostia consacrata, che è il Santissimo. Certamente (vogliamo crederlo), gli ideatori dello spot non conoscono la materia e hanno agito per sonora ignoranza, più che per consapevole blasfemia, ma nulla giustifica una tale mancanza, specialmente in un’epoca in cui è ormai evidente che la convivenza tra i popoli funziona solo laddove il rispetto è reciproco per qualunque confessione.
L’Aiart, l’associazione degli spettatori radiotelevisivi cattolici nata al fine di tutelare i valori della libertà e della dignità di ogni persona, ha chiesto la sospensione dello spot, segnalandolo all’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria. Buffo il fatto che l’agenzia pubblicitaria si difenda autoaccusandosi, di fatto, di aver scopiazzato: «Si vuole rappresentare, senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione da fiction – si legge in una nota – già abbondantemente trattata nella cinematografia e nella pubblicità».
Insomma, ignoranti e pure poco originali? Tra l’altro il messaggio più evidente è che la pasionaria dello snack fritto, la madre superiora, è abbondantemente sovrappeso e pure poco sveglia. Che le patatine ingrassino e facciano male? Vade retro, Amica Chips.