Attualità

Emergenza a napoli. Napoli, aggredisce la maestra e la riduce in fin di vita

Valeria Chinaese sabato 8 maggio 2010
Due giorni fa, nella scuola elementare "Madre Claudia Russo" di Barra, quartiere della periferia orientale di Napoli, Salvatore, 10 anni, rabbioso perché la maestra lo tratteneva per impedirgli di aggredire un compagno, ha cominciato a scalciare e Maria Marcello, 48 anni, ha avuto la milza spappolata da un colpo violentissimo. Il pronto intervento dei medici dell’ospedale evangelico Villa Betania ha impedito che morisse dissanguata asportandole subito l’organo ferito. Ora è fuori pericolo, ma dice il marito Biagio Estatico, anch’egli insegnante, «è accaduto qualcosa che non doveva accadere e io ho letto subito questo episodio come un campanello d’allarme. Questi bambini hanno bisogno di tante altre cose, di tante persone che siano in grado di aiutarli a crescere». Anche Salvatore «va accolto. Lui ha bisogno più che mai di tutti» e spiega: «Per noi questo lavoro è una missione. Viviamo all’insegna della fede in Dio. Io mi sono formato nei Fratelli delle scuole cristiane e la mia non è una reazione artefatta. Il perdono è un sentimento in cui crediamo». Un episodio terribile e sconcertante, ma Biagio Estatico ribadisce che «quello che è accaduto deve servire da stimolo a interrogarci sulla nostra società». E com’è questa società che registra questi fatti e che presto dimentica? «Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà - incalza il sociologo Massimo Conte. - I valori fondanti della società sono sfilacciati, il contesto delle relazioni sociali si degrada, vincono le scorciatoie, si diffonde la mancanza di fiducia, non c’è distinzione tra bene e male: è il carattere morale della società oggi, dove è facile vedere ovunque reazioni sproporzionate». Anche tra i ragazzini e gli adolescenti, tentati da modelli che appaiono vincenti, con molti soldi e tanto successo, senza sacrifici. «Oggi la normalità - commenta Salvatore Esposito, responsabile della Scuola della Pace a Ponticelli della Comunità di Sant’Egidio - è quella dove lo studio non è necessario, dove lo spaccio o la violenza sono il mezzo più semplice per arrivare a certi livelli. E questa - conclude preoccupato - è la vera emergenza». La sensazione è che si stia ripetendo la situazione degli anni ’80, quando lo sfruttamento dei minori da parte della camorra raggiunse livelli altissimi. «Alla fine degli anni ’90 - chiarisce Esposito - percepivamo una diminuzione nelle periferie di ragazzi a rischio grazie ad una migliore congiuntura economica. Da qualche anno notiamo un’inversione di tendenza, che la recente crisi ha accentuato». Tornano infatti i baby della camorra, i ragazzini tuttofare, i minori imprendibili. Sono «l’allevamento della camorra», sottolinea provocatorio e amareggiato don Antonio Carbone, salesiano, direttore del Don Bosco di Napoli. I ragazzini, che "sciolti" compiono furti, rapine, scippi, «cercano - osserva don Antonio - credenziali per entrare in un clan. Credenziali più alte equivalgono a possibilità maggiori» e nota che i nuovi arruolati dalla camorra provengono sempre di più dalle famiglie finanziariamente deboli. «Quindi - continua - la camorra assicura un supporto economico». La continua contrazione dell’età nelle file della criminalità è registrata anche da Massimo Conte, già direttore dell’Osservatorio sulla camorra: «Sono compresi - dice - in una zona di indifferenza giudiziaria, che li riporta e li mantiene negli stessi contesti degradati: una riserva di forze inesauribile per la criminalità organizzata. Dove le condizioni di sopravvivenza, con la mancanza di lavoro, si integrano con i problemi culturali e sociali, l’illegalità è il modello di comportamento - precisa. - Purtroppo la contrapposizione modelli criminali-forze repressive lascia condizioni sociali e culturali inalterate, che si riproducono. E la società civile sembra messa ai margini».