Afghanistan. Ponte aereo Kabul-Roma, Operazione Aquila per duemila
Bambini afghani giocano all'aeroporto di Fiumicino. Il ponte aereo con Kabul continua
Prosegue a ritmo sostenuto il ponte aereo tra Kabul e l’Italia per portare in salvo, oltre ai cittadini italiani anche il maggior numero possibile di afghani in fuga dai sospetti e dalle vendette dei taleban.
Ieri un aeromobile Boeing KC 767 dell’Aeronautica Militare è atterrato a Roma Fiumicino con 195 persone evacuate nella notte di venerdì dalla capitale afghana con due Hercules C 130J. Tre velivoli dello stesso tipo sono arrivati in serata a Kabul per prendere a bordo altri passeggeri. Al loro arrivo i bambini hanno vissuto momenti di serenità quando hanno ricevuto dai poliziotti cappellini, album e matite colorate e sono stati intrattenuti da un poliziotto prestigiatore. A bordo erano stati soprattutto loro ad attirare, come nei voli precedenti, le attenzioni e le emozioni del personale di bordo.
A confermarlo, uno dei piloti impegnati nel ponte aereo umanitario che ha portato in salvo in Kuwait un centinaio di profughi afghani poi ripartiti verso il nostro Paese. «Imbarchiamo molti bambini e molte donne: nei loro occhi abbiamo visto la disperazione di lasciare le proprie case - ha raccontato il militare - il proprio Paese. Ma sicuramente comprendono l’opportunità che gli viene fornita dall’Italia per trovare un futuro migliore e un nuovo inizio». I piccoli sono ancora una volta i più fragili. «Nel loro sguardo abbiamo percepito le difficoltà maggiori, ci sono risultati più spaesati» ha continuato il militare, da cui è arrivata una conferma della determinazione delle nostre Forze Armate.
«L’impegno che stiamo sostenendo dal 15 agosto è oneroso per noi e per tutto il personale, ma quello che stiamo vivendo ci dà la forza di andare avanti e completare la missione che ci è stata assegnata. Non lasceremo nessuno indietro». Una conferma della consistenza e risultati dell’operazione "Aquila Omnia", pianificata e diretta dal Comando Operativo di Vertice Interforze (Covi), che dispone di 1.500 militari sotto il comando del Generale Luciano Portolano e di otto aeromobili, quattro KC 767 e quattro C 130J. Sono quasi 2.100 i cittadini afghani evacuati da giugno a oggi e di questi 1.100 sono stati portati nel nostro Paese.
Sul piano politico, l’Italia continua a interrogarsi, come i partner europei, sulle prospettive dei rapporti con la leadership dei taleban, destinata a succedere all’amministrazione guidata dal presidente Ashraf Ghani fuggito negli Emirati arabi uniti e accolto «per ragioni umanitarie».
Della crisi afghana hanno parlato anche Matteo Salvini e Silvio Berlusconi nei due giorni di colloqui a Villa Certosa, condividendo - si legge nella nota congiunta diffusa ieri sera - «la grande preoccupazione per quanto sta accadendo». I due leader della Destra di governo «hanno convenuto sulla necessità di sostenere l’accoglienza dei più fragili in fuga, a partire da donne e bambini, senza spalancare le frontiere in modo indiscriminato e senza concedere nulla ai taleban. Per questo sarà necessario «un intenso lavoro diplomatico», «già intrapreso da entrambi», hanno sottolineato "per richiamare altri Paesi alla responsabilità".
Dall’area degli ex 5s è stato invece riproposto un rapporto pragmatico con i militanti islamici, con toni più veementi di quanto espresso da Giuseppe Conte pochi giorni fa e che aveva sollevato forti critiche anche nel Movimento. A farlo è stato Alessandro Di Battista, che in un’intervista rilasciata al sito d’informazione Tpi.it ha espresso la propria visione di una «verità» che «è stata la prima vittima della guerra in Afghanistan«, perché «da anni ormai pezzi grossi dell’intelligence dei Paesi occidentali trattano con i taleban» come pure, a suo dire, «emissari di capi di Stato, dirigenti dei ministeri degli Esteri, Ong, persino direttori di imprese straniere».
Ben più necessarie e produttive protrebbero essere le trattative a livello di G20. «Il presidente Draghi - ha spiegato ieri il viceministro degli Esteri Marina Sereni - sta costruendo una rete di contatti con il ministro Di Maio e tutti i soggetti del governo interessati per raggiungere un coinvolgimento massimo di tutti gli attori». Non c’è ancora la data in cui si terrà il meeting straordinario del G20 promosso dall’Italia, ma la prospettiva appare concreta. Sereni ha ricordato l’impegno del governo «a proteggere tutte le persone che hanno collaborato con noi in quel Paese».