Ha raccolto quasi gli stessi consensi del primo partito. Ed è cresciuto di ben sei punti rispetto alle precedenti europee, passando dal 27 al 34%. Paradossi a parte, è il dato sul 'partito dell’astensionismo' quello che emerge con forza da quest’ultima tornata elettorale: l’affluenza alle urne per l’Europarlamento stavolta è stata del 66,5% degli aventi diritto, quando era stata del 72,9% nel 2004. Sei punti che equivalgono a oltre un milione e 900 mila elettori che non hanno voluto esprimere il loro parere. Un dato che la dice lunga sulla disaffezione degli italiani verso il parlamento di Strasburgo. Anche se l’Italia, dal confronto con gli altri paesi membri, esce come nazione più virtuosa, visto che il dato complessivo è del 43,2%, rispetto al 44,4%. L’affluenza è stata invece più alta alle amministrative, a riprova che i cittadini comunque sentono più vicine le istituzioni locali. Alle provinciali ha infatti votato il 70,5% degli elettori, quasi quattro punti meno della scorsa tornata, che arrivò al 74,4. Calo ancora più contenuto alle comunali: 76,7%, circa due punti e mezzo meno del 79,3 dell’altra volta. La classifica regionale vede l’Umbria come la più virtuosa con il 77,9% dei votanti, ultima la Sardegna col 40,9% (meno 33 punti) a poca distanza dal 49,1% della Sicilia. Nelle Isole in pratica non si è espressa nemmeno la metà degli aventi diritto. E l’astensionismo in Sicilia, serbatoio di voti del Pdl, ha sicuramente pesato sul risultato nazionale del partito del Premier. Un astensionismo complessivamente non fisiologico, rileva l’Istituto Cattaneo di Bologna, che attribuisce alle regioni del Sud e alle Isole la disaffezione alle urne, mentre le regioni 'rosse' del centro Nord hanno tenuto: 0,4% in meno in Emilia Romagna e percentuali superiore alle attese in Toscana, Umbria e Marche. Ecco dunque la classifica regionale per affluenza alle europee: Umbria 77,9% (80,5 nel 2005) Emilia Romagna 76,7% ( 81,5), Marche 73,9% (77,6), Lombardia 73,3% (76,3, con Milano al 69,7, era stato 73,2 nel 2004), Toscana 72,6% (77,8), Veneto 72,6% ( 76,3), Piemonte 71,1% (75,2), Puglia 68,3% (71,9), Basilicata 67,9% (74,4), Liguria 64,9% (72,3), Friuli Venezia Giulia 64,7% (69,7), Campania 63,8% (68), Lazio 62,9% (71,5, con Roma al 59%, dieci punti in meno rispetto al 69,2 di cinque anni fa), Molise 62,9% ( 68,1), Abruzzo 61,7% (dodici punti in meno del 73,4), Trentino Alto Adige 60,1% 68,9), Valle d’Aosta 58,7% (61,9), Calabria 55% (65,5), Sicilia 49,1% (60,3), Sardegna 40,9% (74,4), dato che fa esultare il Partito sardo d’azione e Sardigna natzione indipendentzia. Da segnalare che a L’Aquila il sisma ha fatto crollare anche la percentuale di votanti. Nel capoluogo abruzzese, infatti, dove fra l’altro è mancato l’effetto traino delle amministrative – il rinnovo del consiglio provinciale, originariamente previsto per questa tornata, è stato rimandato a causa del terremoto – si votava solo per Strasburgo, s’è recato alle urne solo il 28,9%, poco più di un elettore su quattro. E certo la scossa arrivata a urne aperte non ha favorito il clima di partecipazione. L’europeismo degli italiani, rispetto alla partecipazione degli altri cittadini dell’Ue, viene comunque sottolineato dallo stesso ministro dell’Interno: «Da noi – dice Roberto Maroni – l’affluenza al voto per le europee ha segnato una percentuale più alta rispetto a quella dei Paesi Ue, dove in diversi casi non si è superato neanche il 50%». «Pur con una riduzione – aggiunge – si conferma la tradizione italiana di partecipazione al voto. Comunque, 7 italiani su 10 sono andati a votare e questa percentuale molto alta colloca l’Italia tra i paesi più europeisti » . Il 42,9% di media europea è infatti il più basso da 30 anni a questa parte. Primi della classe il Lussemburgo col 91% e il Belgio col 90,3, ultimi la Slovacchia col 19,6 e la Lituania