Attualità

Astensionismo. Crescono le adesioni, crollano i voti

giovedì 22 maggio 2014
​​E' una dinamica inversamente proporzionale al numero di Paesi aderenti all'Ue quella che caratterizza l'affluenza alle urne per l'Europarlamento negli anni. Nel 1979, quando l'Ue si chiamava ancora Comunità economica europea (Cee) ed aveva solo nove Stati membri, la media degli elettori era stata del 61,99%, con l'Italia che aveva fatto registrare l'affluenza maggiore (85,6%) dopo Belgio e Lussemburgo, dove il voto è obbligatorio.    Da allora, col graduale allargamento dell'Unione, l'asticella degli aventi diritto che rispondevano alla chiamata alle urne è andata man mano scendendo. Nel 1984, con l'aggiunta della Grecia, l'affluenza media si era attestata al 58,98% (l'82,47% in Italia). Nel 1989, dopo l'ingresso di Spagna e Portogallo, la media europea aveva segnato il 58,41% e nel '94, con dodici Stati membri, la media era stata del 56,67%.    Ma la vera prima grande flessione si era registrata nel 1999, con l'Europa a quindici (Austria, Svezia e Finlandia ne erano entrate a far parte nel 1995) quando la media era scesa al 49,51%. In questa occasione i britannici avevano conquistato il primato del maggior astensionismo, al 24%, mentre l'Italia si era attestata al 69,76%. È poi del 2004, con l'Ue a 25 (con l'ingresso di Polonia, Ungheria, Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Estonia, Lituania, Lettonia, Cipro e Malta), l'ulteriore flessione al 45,47%, con l'Italia al 71,72%.    Alle ultime consultazioni, nel 2009, con l'Ue a 27 (allargamento a Romania e Bulgaria), la media si è attestata al 43%. Nella Repubblica Ceca i votanti sono stati solo il 28,2%, in Gran Bretagna il 34,7% e in Portogallo il 36,78%. In questo caso la risposta dell'Italia era stata del 65,05%. Fra i Paesi che si sono progressivamente aggiunti, gli unici ad aver sempre alzato la media sono stati Cipro e Malta. Il peggior risultato mai registrato è stato invece quello della Slovacchia nel 2004, quando votò solo il 16,97% degli aventi diritto.