Attualità

Giustizia e statistica. Affido, l’inganno dei moduli

Luciano Moia mercoledì 14 marzo 2018

Affido condiviso, una legge senza futuro? Probabilmente i funzionari del ministero della Giustizia ne erano convinti già al momento dell’entrata in vigore (8 febbraio 2006). Se così non fosse, come spiegare un’attesa lunga 12 anni prima di indicare al-l’Istat la necessità di rinnovare i moduli per la rilevazione statistica delle separazioni? Le nuove schede sono arrivate nei tribunali solo nei giorni scorsi, finalmente riviste nell’impostazione e con una quarantina di domande molto efficaci per analizzare nel dettaglio realtà, problemi e motivazioni degli ex coniugi.

Non si tratta solo di un dettaglio per addetti ai lavori. Al momento della separazione, i tribunali devono compilare un modello Istat utilizzato poi per le statistiche, indispensabili per mettere a punto un quadro credibile e approfondito. Peccato però che per rilevare l’andamento della legge 54 del 2006, quella appunto sull’affido condiviso, si siano utilizzati fino al mese scorso moduli costruiti secondo il vecchio modello monogenitoriale, quello fondato sul genitore 'collocatario' – in nove casi su dieci la madre – che riceve dall’altro genitore – il nove casi su dieci il padre – l’assegno per provvedere ai bisogni dei figli e si assume in esclusiva ogni decisione per quanto riguarda la vita quotidiana e le scelte educative.

La legge del 2006, almeno nelle intenzione, ha rovesciato questa prospettiva, introducendo il criterio della pari responsabilità educativa e obbligando gli ex coniugi a non dimettersi mai dal ruolo di genitori. Principio sacrosanto che però ha incontrato da un lato le resistenze culturali di una percentuale rilevante della magistratura, erede di un femminismo giuridico orientato a puntare il dito sempre e comunque sulle colpe, vere o presunte, del cosiddetto 'padre assente'.

Dall’altro ha pagato i ritardi di una macchina burocratica che ha trascurato quali effetti deleteri avrebbe potuto avere una rilevazione statistica non conforme allo spirito della legge. È stato agevole cioè per tutti i detrattori della norma, in assenza di dati approfonditi e specifici, argomentarne l’inefficacia e l’inutilità. Tanto che a lungo – come abbiamo più volte sottolineato su queste pagine – si è dibattuto sulla necessità di rivedere la legge, passando da un principio solo enunciato a una prassi giuridica convinta della necessità di un affido 'materialmente condiviso'.

Quanto ha inciso questo vuoto statistico sulla formazione di una cultura giuridica davvero ispirata al criterio della pari responsabilità educativa? Difficile dirlo. Quello che è certo è che ora gli alibi sono finiti. I nuovi moduli Istat indagano nel dettaglio aspetti come 'il numero di pernottamenti con il padre nell’arco di due settimane'; i capitoli di spesa affrontati per i figli (abitazione, abbigliamento, salute, istruzione, ecc.); l’eventuale ricorso alla mediazione familiare. Di grande rilievo anche gli accertamenti sulle scelte dei giudici. Si chiede per esempio se durante il dibattimento si è proceduto o meno all’ascolto dei figli e si cerca di comprenderne i motivi (ritenuto contrario all’interesse del minore; superfluo; non è stata data alcuna motivazione?).

Un passaggio che, se non può essere valutato come una revisione giuridica della normativa – che non può toccare evidentemente all’Istituto nazionale di statistica – finirà però per aprire uno spiraglio di grande interesse sulle decisioni dei giudici e per capire se davvero la legge del 2006 incontra ancora pregiudizi e resistenze. Era stata l’Istat stessa, nel report 2016 su matrimoni e separazioni, a far notare come finora «la legge non ha trovato effettiva applicazione». Conclusione a cui si era giunti nonostante – o a causa – delle rilevazioni condotte sui vecchi moduli. Ora, con le schede finalmente calibrate secondo le indicazioni della 'nuova' legge, cambierà qualcosa?