Dopo Bibbiano. Affidi illeciti, verifiche e sospetti
I contrasti tra gli uffici giudiziari, che operavano l’uno all’insaputa dell’altro, avrebbero potuto danneggiare l’esito delle verifiche e ripercuotersi sui bambini allontanati dai servizi sociali della Val d’Enza per presunti abusi
Può capitare che una procura come quella di Reggio Emilia, seriamente preoccupata per la sorte di bambini che sarebbero stati ingiustamente sottratti alle famiglie da servizi sociali inadeguati, forse 'ideologicamente deviati', forse spinti da interessi economici illeciti, abbia 'dimenticato' per un anno di segnalare al competente Tribunale dei minori, quello di Bologna, l’avvio dell’inchiesta?
E può capitare che lo stesso Tribunale dei minori, la cui attenzione si era già posata sulla situazione di almeno quattro dei sette bambini vittime dei fatti terribili e assurdi raccontati nell'ordinanza, ignorando quello su cui stavano indagando i colleghi reggiani, abbia deciso provvedimenti che avrebbero potuto risultare conflittuali o forse anche danneggiare l’esito delle iniziative di tutela, con ulteriori conseguenze per quei bambini?
E ancora: può capitare che la procura di Reggio Emilia, annunciando all'inizio di luglio un’inchiesta dai contorni così devastanti e con accuse così gravi, abbia 'dimenticato' di spiegare che quattro dei sette bambini di cui si parla nell'ordinanza in termini così – giustamente e comprensibilmente – preoccupati, avevano nel frattempo già fatto ritorno a casa, e un quinto era in procinto di farlo, proprio grazie a quel Tribunale dei minorenni tenuto all'oscuro di tutto?
Sembra incredibile ma questo è davvero quanto successo per il caso Bibbiano. Una sorta di tutela dei minori a geometria variabile, secondo lo schema un po’ schizofrenico del nostro diritto minorile che lascia per esempio ai servizi sociali amplissime possibilità di valutazioni discrezionali per quanto riguarda l’allontanamento di bambino dalla famiglia (ex articolo 403), ma poi non prevede tempi certi né per fissare le udienze di convalida né per offrire ai genitori coinvolti in un provvedimento coatto la possibilità di un contraddittorio paritetico. È lo stesso schema zoppicante che si sta purtroppo ripetendo anche nel caso Bibbiano. Da una parte i fatti gravissimi raccontati nell'ordinanza della procura di Reggio Emilia, con gli interrogatori suggestivi ed estenuanti subiti dai bambini, costretti alla fine a confessare abusi più immaginari che reali, allo scopo di confermare gli allontanamenti e pilotare gli affidi. Dall’altra una procura come quello di Reggio Emilia che non si preoccupa di accertare – o, se lo sa, tiene ben nascosta di notizia – la sorte toccata ai bambini oggetto dell’indagine, quando di fatto l’iter civile si già concluso con il ritorno dei piccoli nelle famiglie d’origine, almeno per quello che riguarda la destinazione di quattro minori. Eppure il caso viene annunciato con tutta la rilevanza che merita, tranne questo 'particolare' che però non è di poco conto. Un paradossale inceppo degli ingranaggi giudiziari che non avrebbe dovuto assolutamente capitare perché a farne le spese, ancora una volta, sono stati proprio quei bambini a tutela dei quali è stata avviata l’inchiesta. Non che il fatto che quattro dei sette minori coinvolti nell'inchiesta fossero già stati riassegnati alle famiglie d’origine, proprio grazie alle verifiche del Tribunale per i minorenni, rende meno grave il comportamento dei servizi sociali della Val d’Enza, sempre che i reati contestati vengano confermati in sede processuale. Ma, al di là del fatto che la mancata sincronia avrebbe potuto rallentare o sviare gli interventi di tutela, forse un annuncio più rispondente alla realtà dei fatti avrebbe contribuito a rendere un po’ meno allarmante tutto il quadro, mostrando, una volta tanto, un lato positivo del nostro sistema giudiziario.
Se c’è – come racconta l’ordinanza – chi specula in modo criminale e vergognoso sulla pelle dei più sfortunati tra i bambini, quelli che hanno alle spalle famiglie e fragili e problematiche, c’è anche chi nelle stesse istituzioni, vigila per porre un freno a quegli abusi e, una volta tanto, prende atto delle irregolarità e vi pone rimedio. Perché questa comunicazione trasparente e serena non è avvenuta? Forse perché nell'ordinanza compaiono i nomi di due giudici del Tribunale dei minorenni che, secondo quanto si coglie da un’intercettazione, avrebbero potuto essere 'pilotati' grazie all'invito a un convegno? Ma anche se ci fossero stati questi sospetti – al di là del fatto che la pretesa di corrompere un giudice con l’invito a un convegno sembra progetto un po’ debole – perché non parlarne con il presidente del tribunale o con il procuratore per i minorenni? Si tratta di una serie di stranezze, o almeno di incongruenze, che ha certamente favorito la corsa alla speculazione politica, con accuse reciproche e raffiche di 'effetto-annuncio' per inchieste e provvedimenti di riforma che attendono inutilmente da anni e che, spenti i riflettori sul caso, torneranno purtroppo nei cassetti da cui sono stati rispolverati in questi giorni.
Nei giorni scorsi era stato il tribunale di Reggio Emilia ad annunciare che, almeno in un caso, era stata data comunicazione dell’inchiesta in corso. Pronta la smentita del Tribunale dei minorenni che ha spiegato come, su quell'episodio c’era già stato un intervento mirato, sia per tutelare il piccolo che i suoi genitori. Il bambino è tornato alla famiglia, su disposizione del tribunale stesso, il 13 maggio, ben prima, cioè, delle ordinanze del gip sull'inchiesta 'Angeli e demoni'. Pertanto non corrisponde a verità che il minore sarebbe stato allontanato dai genitori e rinchiuso in una struttura. Tutta da approfondire anche la notizia relativa alla decisione di allargare l’inchiesta a tutti i casi trattati dai Servizi sociali della Val d’Enza negli ultimi anni. La verifica, presa autonomamente dallo stesso presidente Giuseppe Spadaro, al fine di fornire eventuali contributi alle indagini condotte dalla procura reggiana, oltre che per accertare che non vi fossero altri casi di bambini ingiustamente allontanati, è già in fase avanzata per quanto riguarda l’ultimo triennio. Si tratterebbe di meno di quaranta procedimenti che sono stati riaperti e riesaminati. Un solo caso presenterebbe irregolarità. E sarebbe quello relativo al bambino 'promesso' in affido sine die dalla responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza, Federica Anghinolfi – tuttora ai domiciliari – a una coppia di conoscenti omosessuali. Un affido deciso senza l’autorizzazione – indispensabile – del Tribunale dei minorenni su cui è già stata presa una decisione diversa, sotto la tutela di servizi sociali che non sono più, naturalmente, quelli coinvolti dall’indagine.