Minori. Affidi di lunga durata, famiglie sempre più sole
La confusione comincia dai numeri. Quanti sono i minori che vivono fuori famiglia in Italia? Quanti quelli in affido? E, tra costoro, quanti vivono l’esperienza dell’affidosine dieo 'affido di lunga durata'? Quanti quelli parcheggiati nei cosiddetti servizi residenziali? In realtà non lo sappiamo, perché le statistiche sono superate e contraddittorie. Non si tratta di una premessa incoraggiante. Conoscere in modo preciso la situazione, a cominciare dai numeri, permetterebbe interventi più mirati a favore dei ragazzi che hanno avuto la sfortuna di non avere una famiglia oppure che si sono trovati a confrontarsi con fragilità, assenze, inadeguatezze di vario tipo. Il fatto che questi dati siano sconosciuti la dice lunga sull’attenzione istituzionale nei confronti dell’infanzia più marginale.
L’ultima statistica ufficiale risale al 2012, realizzata dal Centro nazionale documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, e parla di 28.449 bambini e ragazzi (14.194 in affido familiare e 14.255 in servizi residenziali, comunità, istituti, ecc). Più recente, ma non ufficiale, quella portata a termine nel 2014 dal Garante per l’infanzia che ha raccolto sperimentalmente i dati delle 29 Procure per i minorenni. I bambini e i ragazzi al di sotto dei 18 anni che vivono nelle 3.192 strutture residenziali sono 19.245 (circa 7 presenze per ogni struttura), di cui il 43% di origine straniera. Nel frattempo sono trascorsi altri due anni. Questi minori saranno aumentati o diminuiti? E quelli in affido, su cui il Garante nel 2014 non era riuscito a completare il quadro?
In questo panorama di incertezza non c’è da stupirsi dell’allarme lanciato nei giorni scorsi dalle associazioni che fanno parte del 'Tavolo nazionale affido' a proposito degli affidamenti familiari di lunga durata. Quelli cioè che superano i 24 mesi – eventualmente prorogabili – secondo quanto stabilito dalla legge 184 del 1983. Sempre secondo i dati del 2012 quasi il 60% degli affidi era classificato come «a lungo termine». E addirittura il 74% era di tipo giudiziale. Considerando che negli ultimi quattro anni la conflittualità familiare non si è certo attenuata, c’è da immaginare che queste percentuali siano lievitate e che il documento diffuso dal 'Tavolo' su bambini e ragazzi lasciati per anni nelle famiglie riguardi così la stragrande maggioranza degli affidi oggi attivi. «È da stigmatizzare il fatto – si legge nel documento dell’organismo presieduto da Marco Giordano – che in molti casi l’affidamento si prolunghi per l’inerzia delle istituzioni a sostenere con interventi adeguati la famiglia d’origine e a causa della mancata messa a disposizione delle famiglie in difficoltà di aiuti non solo economici e assistenziali». Non va dimenticato infatti che, secondo la legge, la famiglia affidataria svolge funzioni complementari e non sostitutive della famiglia d’origine, a differenza di quanto avviene per l’adozione. Ma se un ragazzo rimane in una famiglia per cinque, dieci o quindici anni – e non può essere adottabile perché non si verificano le situazioni previste dalla legge – è giusto lasciare lui e i suoi 'vice-genitori' in una sorta di lunga e snervante incertezza? Da qui la proposta del 'Tavolo'. Quelli di lunga durata devono essere pensati come una modalità specifica di affido e con un progetto mirato.
Altrettanto importante l’accompagnamento alle famiglie. Per questi affidi servono «interventi specifici e individualizzati, sostenuti anche economicamente dall’ente affidatario». Tanto più quando si tratta di affidamenti di lunga durata particolarmente complessi, come nel caso di minorenni disabili o con gravi problemi relazionali. Nella revisione proposta dagli esperti del 'Tavolo' figurano poi un maggior impegno per l’ascolto e la partecipazione del minore e dei suoi genitori al progetto dell’affido. E, infine, un maggior riconoscimento per il ruolo della famiglia affidataria che dev’essere «ascoltata dall’Autorità giudiziaria per contribuire alla realizzazione del progetto e alla verifica periodica» e a cui dev’essere concessa «una maggior autonomia decisionale».
Indicazioni preziose che potrebbero confluire nella nuova legge quadro su adozione e affido ferma però all’Indagine conoscitiva. Quando l’iter verrà riavviato – nella speranza che non ci si concentri esclusivamente sul tema dell’adozione omogenitoriale – le sollecitazioni del 'Tavolo' non potranno essere eluse.