L'evento. Affidi, con tempi lunghi reinserimenti difficili
Gli affidamenti in Italia durano più di quanto dovrebbero e il rapporto tra famiglia originale e affidataria è scarso se non assente. Ne deriva che i reinserimenti siano sempre più complicati. A queste conclusioni è arrivata la Fondazione Emanuela Zancan di Padova, che ha condotto una ricerca sull’istituto dell’affidamento per la Provincia di Piacenza. I risultati sono stati presentati ieri, nell’ultimo giorno della Eusarf 2014 (European Scientific Association on Residential and Family Care for Children and Adolescents), svoltasi a Copenaghen. Mentre gli interventi sugli affidi – emerge dalla ricerca – sono effettuati «in situazioni già conosciute ai servizi sociali», si rilevano «insoddisfacenti gli esiti del lavoro svolto con le famiglie d’origine», che in molti casi non modifica le condizioni che hanno portato all’allontanamento del bambino, il cui ritorno a casa è difficile. La ricerca prende in esame i percorsi assistenziali di 136 bambini in affidamento nel periodo 2010-2012. «Già prima dell’affido due minori su tre erano stati allontanati dalla famiglia di origine: il 20% viveva in casa di parenti o in affido, l’11% era ospitato in una struttura residenziale », spiega Cinzia Canali, ricercatrice della Fondazione Zancan. Nella maggior parte dei casi «i bambini hanno problemi coesistenti: psicologici, sociali, educativi, E anche i loro genitori vivono situazioni di difficoltà gravi». I dati finali: il 56% dei bambini è ritornato a casa (con entrambi i genitori o solo con la madre), uno su quattro è andato a vivere con un parente; in qualche caso il ragazzo è stato trasferito in un ambiente residenziale (7%), è rimasto nella famiglia affidataria anche se maggiorenne (7%), o è stato avviato un nuovo percorso di affido. Alla stessa Conferenza di Copenaghen, la Fondazione Zancan ha presentato altri progetti. Nella sessione inaugurale è stato diffuso lo studio Crescere, realizzato con il De Leo Found in collaborazione con 80 Comuni della provincia di Padova, quello di Rovigo, la Fondazione Cariparo, l’Ulss Padova e la Fondazione Città della Speranza. L’indagine, unica in Italia, è dunque estesa e coinvolge un campione che dai 400 preadolescenti attuali arriverà fino a 1.000, con l’obiettivo di monitorarne condizioni di crescita e sviluppo, dall’infanzia all’età adulta (12-18 anni) a livello fisico, relazionale, emotivo, delle capacità e delle aspettative di vita attraverso la relazione con i genitori, la scuola, lo sport, e molto altro. Lo studio infatti coinvolge non solo ragazzi e famiglie ma anche scuole, enti locali, aziende sanitarie, organizzazioni del territorio.
Alla fine, si forniranno indicazioni a genitori, agli insegnanti, e ai soggetti impegnati nell’adolescenza. I dati della prima annualità, intanto, stanno dando i primi risultati: in materia di bullismo, per esempio, due ragazzi su tre hanno subìto almeno una forma di bullismo negli ultimi 6 mesi, mentre il 52% ammette di averli compiuti. Il terzo progetto, presentato dalla Fondazione Zancan e dalla Compagnia di San Paolo, rappresenta l’applicazione italiana dell’iniziativa Tfiey ( Transatlantic Forum on Inclusive Early Years) e vede tra i partner la Fondazione Cariplo, la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e la Fondazione 'Con il Sud'. Obiettivo: individuare politiche, strategie e pratiche innovative rivolte alla tutela della prima infanzia (in particolare per i bambini in famiglie a basso reddito, immigrati o che non hanno il necessario), coinvolgendo tutti gli attori responsabili della tutela dell’infanzia: autorità pubbliche, operatori, Terzo settore, ricercatori, magistrati, giornalisti, educatori, opinion leader. «L’Italia sul fronte dei servizi all’infanzia, vive una condizione di profonda frammentazione», affermano Marzia Sica della Compagnia di San Paolo e Tiziano Vecchiato, direttore della Zancan. Basti pensare al numero dei minori in povertà assoluta in Italia: 1.434.000. E alla forbice esistente tra le regioni sui minori in condizioni di povertà relativa: si passa dal 5,5% del Veneto al 42,3% della Sicilia. Un dato inaccettabile. Che ci pone sotto la media europea. Proprio come il dato sugli investimenti per bambini e famiglia.