Il caso. Affari sul legno in Myanmar, accuse alle aziende italiane
Per un sessantennio e fino al 2010 la deforestazione, il taglio illegale del legname e il suo commercio altrettanto illegale hanno sostenuto regimi militari in Myanmar: una parte dell’Asia che prima del secondo conflitto mondiale era tra le più sviluppate economicamente, ma che poi è stata costretta alla povertà e al sottosviluppo dalla dittatura. E l’arricchimento estremo di pochi alle spalle di milioni di birmani è passato per ciò che Faith Doherty, responsabile della Campagna per le foreste dell’Environmental Investigation Agency di Londra, definisce «un sistema corrotto, opaco e a guida militare».
Ma la responsabilità ricade anche su quei Paesi – molti dei quali europei – che dell’export di risorse naturali del Myanmar sono stati destinatari, spesso ignorando o aggirando le sanzioni da essi stessi imposte a una dittatura emarginata da quasi tutta la comunità internazionale. Proprio su queste responsabilità Eia sta da tempo investigando, con risultati che coinvolgono il nostro Paese; un commercio illecito di legname pregiato è stato infatti documentato anche dopo il 1° febbraio scorso, quando le forze armate hanno ripreso il potere avviando una dura repressione.
Ancora fino a maggio importatori italiani avrebbero infatti acquistato in Myanmar legname e derivati per 1,3-1,5 milioni di euro. Alle richieste di chiarimenti, le 27 aziende coinvolte hanno rivendicato il rispetto delle norme doganali vigenti. Ma per l’Eia l’attività avrebbe violato sia le regole commerciali dell’Unione Europea, sia le sanzioni imposte contro il regime. Un’accusa contenuta e documentata nel rapporto «The Italian Job: come il legname del Myanmar viene commercializzato attraverso l’Italia in Europa nonostante le leggi Ue», presentato ieri.
«I risultati di 18 mesi di indagini – assicura Doherty – sollevano pesanti interrogativi su come le autorità italiane e per estensione quelle europee abbiano consentito a questo traffico di proseguire sostanzialmente incontrollato sotto i loro occhi. Diverse leggi hanno chiarito perfettamente che era impossibile importare teak e altri legnami pregiati dal Myanmar rispettando il Regolamento Ue, ancora prima delle sanzioni imposte a inizio anno per rafforzare la proibizione. Eppure siamo a questo punto».
Il "punto", specifica la funzionaria, è che «sono state imposte solo sanzioni ridicole, minime» e «il traffico di legname ha avuto un incremento». Secondo i dati Eia, in anni recenti l’importazione di legname pregiato nel nostro Paese ha continuato a crescere fino a diventare dominante in Europa. Ed è impossibile ignorare che «le aziende coinvolte sostengono concretamente la giunta militare e la sua repressione brutale del popolo birmano, come pure la distruzione delle foreste del Myanmar».