Attualità

Lo scenario. Affari sporchi sulla pelle dei migranti (dai trafficanti alla 'ndrangheta)

Antonio Maria Mira giovedì 11 maggio 2023

Un fermo immagine tratto da un video della Polizia mostra un momento dell'operazione anti-trafficanti

In due distinte operazioni, svelati i traffici della rotta che dalla Turchia porta in Italia: si paga dai 7mila ai 15mila euro a persona Blitz anche nel Vibonese Gratteri: ricostruiti i viaggi dei disperati «Siamo riusciti a ricostruire il viaggio di questi disperati che scappano dalla guerra». Così il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha definito l’indagine “Caronte” della Polizia che dal 2018 ha monitorato 30 sbarchi, «rotta turca e greca », oltre 1.100 migranti arrivati sulle coste italiane, portando a 29 ordinanze di custodia cautelare in carcere.

«Una indagine importantissima - ha spiegato Gratteri - perché per la prima volta si riesce a documentare sul piano investigativo come i rifugiati, ad esempio dall’Iran o dalla Siria, riescono ad arrivare sulle coste della Calabria e della Puglia per poi andare in Europa ». Mentre il governo coi decreti Ong e Cutro, colpisce e penalizza le organizzazioni umanitarie e gli immigrati, tocca ancora alla magistratura fare un quadro preciso su responsabilità, sfruttatori e affaristi, sui traffici e sull’accoglienza. Stranieri, come nell’operazione “Caronte”, e anche italiani, come nell’operazione “Maestrale-Carthago” contro la ‘ndrangheta vibonese. Partiamo dalla prima che, dicono gli investigatori, ha scoperto “agenzie di viaggio” che, incassando da 7 a 15mila euro a persona, organizzavano, “tutto compreso”, la traversata del Mediterraneo a bordo di barche a vela e poi il trasferimento ai confini di Trieste e Ventimiglia in camion, treno o taxi. Per l’accusa sono tutti componenti di una associazione transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al riciclaggio del denaro provento dell’attività illecita. Un’operazione complessa che ha visto in campo poliziotti di Sco, Direzione centrale anticrimine, Squadra mobile di Crotone, in collaborazione con quelle di Brindisi, Foggia, Grosseto, Imperia, Lecce, Milano, Torino e Trieste, e con la partecipazione di Europol e Interpol. L’organizzazione era composta da almeno sette cellule dislocate tra i Paesi di partenza dei rifugiati e l’Italia, ognuna delle quali curava una tappa del viaggio. L’inchiesta, avviata nel 2018 con il concorso in mare della Guardia di finanza di Crotone, sulla base degli elementi raccolti in anni di sbarchi sulla costa crotonese con barche a vela condotte da cittadini ucraini o dell’ex Urss, ha ricostruito tutto il percorso compiuto dai migranti.

Il raduno era nel quartiere turco di Aksaray, dove i migranti prendevano contatti con i membri della cellula turca che fornivano le informazioni sull’organizzazione e sull’importo da pagare con il sistema hawala. Versata la prima rata, iniziava il viaggio vero e proprio, verso Salonicco, Atene e Patrasso, o Smirne, da dove partivano le barche. Le destinazioni sulle coste calabresi o pugliesi erano concordate preventivamente dalle cellule turche e italiane che poi organizzavano i viaggi al Nord, dietro compenso di 500-600 euro a persona. Chi non pagava l’ultima rata veniva bloccato fino al saldo dell’importo pattuito da parte dei familiari. Per rendere “appetibile” il viaggio a chi era rimasto nel proprio Paese, gli scafisti registravano dei video a bordo in prossimità dell’arrivo, nei quali i migranti salutavano i parenti, costretti a decantare la qualità dell’organizzazione. Video identici ad alcuni trovati sui cellulari dei migranti coinvolti nella strage di Cutro. Francesco Messina, direttore centrale Anticrimine della polizia, ha evidenziato che «l’indagine ha aperto un’altra porta che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti, quella del riciclaggio, perché ci sono flussi di denaro che veniva gestito o con il sistema della banca online o di Money transfer».

Che gli immigrati possano essere un “affare” lo ha capito anche la ‘ndrangheta. È quanto emerso in una seconda indagine sempre della Dda di Catanzaro. Si tratta dell’operazione “Maestrale-Carthago”, che ha colpito le cosche del Vibonese, con 61 arresti, e gli interessi in molti settori economici, da quello turistico-alberghiero a quello agricolo (in particolare le coltivazioni della rinomata cipolla di Tropea Igp), dai rifiuti agli ospedali (coinvolti anche dirigenti della Asp di Vibo), agli appalti comunali. In particolare è stato accertato che esponenti dei clan e “colletti bianchi”, attraverso la costituzione di cooperative di comodo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, avrebbero lucrato sul sistema dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nei comuni di Joppolo, Mileto e Filadelfia, incassando fondi del ministero dell’Interno.