Il caso. Adozioni, soldi finiti per 14mila famiglie
La politica deve dire subito e in modo chiaro se e come intende sostenere l’adozione internazionale. Vuole condividere l’impegno delle famiglie? Inserisca nel bilancio un capitolo di spesa dedicato ai rimborsi per le adozioni dal 2011 a oggi. Al momento queste risorse non sono disponibili e quindi le famiglie non saranno rimborsate. A poco più di un mese dal suo insediamento ai vertici della Cai (Commissione adozioni internazionali) Laura Laera ha lanciato il suo primo, esplicito messaggio alla politica. Con un comunicato di poche righe ha spiegato quello che era noto da tempo ma che nessuno aveva ancora messo nero su bianco. Con un gravissimo ritardo di sei anni verranno rimborsate entro il 2017 le spese relative alle adozioni concluse entro il 2011.
E sarà possibile farlo perché fino a quella data esistono le cosiddette 'istanze di rimborso' decise dall’allora governo Berlusconi. Poi tra la politica e il mondo delle adozioni si è aperto un baratro. Né il governo Monti, né quelli di Letta, di Renzi e oggi di Gentiloni si sono preoccupati di rinnovare l’impegno con le famiglie adottive e la Cai – complice anche la gestione dissennata dell’ultimo triennio – non è oggi nelle condizioni di mantenere le promesse. Per quanto riguarda le adozioni fino al 2011, saranno circa 1.700 le famiglie che potranno contare sui rimborsi. Mentre le adozioni concluse dal 2011 alla fine del 2016 sono circa 14mila. Tante quindi le famiglie che – se non interverranno decisioni politiche diverse – non avranno alcun contributo, al di là della deducibilità del 50 per cento delle spese stabilite per legge. Ma su che cifra potranno contare le famiglie? L’8 giugno 2016 l’ex ministro Boschi, che era anche presidente della Cai, aveva parlato di «7 milioni e mezzo, derivanti dai riporti relativi alle annualità precedenti» e di «12 milioni e mezzo, sempre nell’ambito del Fondo per le adozioni internazionali».
Quindi circa 20 milioni che potrebbero essere disponibili per provvedere a saldare i conti fino al 2011. Secondo una prima stima per questa prima tranche potrebbe essere necessaria circa la metà del 'tesoretto' disponibile. E per le altre 14 mila famiglie? Laura Laera, come detto, è stata categorica: «Successivamente al Dpcm del 4 agosto 2011, non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011. Pertanto, non verrà dato seguito ad ogni eventuale istanza di rimborso». Vuole dire che non solo non potranno essere utilizzati i circa 10 milioni restanti – per cui servirebbe un atto ufficiale del governo – ma che per coprire le spese di un numero così elevato di famiglie sarebbero necessari investimenti molto più corposi. Ma la politica sarà disponibile a investire sulle adozioni?. Una situazione che – ha detto Marco Griffini, presidente Aibi – alimenta malcontento e rabbia da parte chi ha accolto, con l’adozione, un bambino abbandonato, ma che inevitabilmente allontana sempre di più da questa meravigliosa forma di accoglienza». Griffini ha anche ricordato che l’oblio decretato dalla politica nei confronti delle adozioni diventa anche diventa una discriminazione di Stato nel momento in cui c’è stato l’inserimento della fecondazione eterologa tra i nuovi Lea - Livelli essenziali di assistenza.
«Per lo Stato le coppie con problemi di fertilità – ha detto ancora il presidente di Aibi – non sono tutte uguali. Quelli che si rivolgono alla procreazione medicalmente assistita, potranno contare su un rimborso da parte dello Stato. Quelli che decideranno di accogliere un bambino abbandonato dovranno continuare a sborsare soldi di tasca propria». Altrettanto sconcertato il commento di Paola Bassani, presidente Ciai: «Siamo profondamente rattristati per la scarsissima considerazione che ancora una volta la politica mostra nei confronti delle adozioni. E lo siamo ancora di più – ha osservato – per le tante famiglie a cui arriva un segnale di grande sfiducia. La politica non ha ancora capito che la genitorialità adottiva ha un valore sociale inestimabile perché accetta di offrire una famiglia a un bambino che non ce l’ha». Secondo la presidente Ciai è ora urgente un messaggio in controtendenza, una prova concreta da parte della politica nei confronti delle famiglie adottive.