Dossier. «Riforma delle adozioni: nei tribunali più attenzione ai genitori»
Bambini arrivati dal Congo in Italia con i genitori adottivi
Nuova legge per adozione e affido? E in quale direzione muoversi? Il dibattito, innescato dalla proposta di Fdi che vorrebbe semplificare le procedure d’accesso e alzare l’età massima per gli aspirati getori adottivi - da 45 a 50 - anche quando si presenta la candidatura per bambini di pochi mesi, continua a far discutere.
Ieri in Senato, la presidente di ItaliAdozioni, Ivana Lazzarini, durante la conferenza stampa di presentazione del volume Cara Adozione 2, organizzata dalla senatrice e vice-presidente della commissione bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza Simona Malpezzi, ha colto l’occasione per la presentazione di un dossier articolato sulla via delle riforme.
Tanti gli aspetti affrontati, dalla pre-adozione, al parto in anominato, dalla formazione all’uniformità d’intervento da pretendere in tutti i tribunali. Andiamo per ordine.
Secondo Ivana Lazzarini l’aspetto più importante è quello proprio di arrivare a uniformare la documentazione richiesta alle coppie aspiranti all’adozione. Oggi non è così. Da Milano a Catania le diversità sono notevoli. «Sì - conferma l’esperta - ognuno dei 29 Tribunali per i minorenni esistenti sul territorio nazionale ha stabilito una procedura e una richiesta di documenti che varia significativamente.
Ad esempio, le visite e le indagini sanitarie richieste sono differenti: alcuni chiedono la visita cardiologica e/o ginecologica e/o psichiatrica, alcuni chiedono gli esami del sangue relativi a Tbc, Wassermann e Hiv e altri anche le urine».
Secondo punto: «La domanda di disponibilità all'adozione dev’essere compilata dagli aspiranti genitori alla fine del percorso con i Servizi e non prima». Il motivo, secondo la presidente di ItaliAdozioni, è chiaro: «Quando si inizia il percorso si sa poco della realtà dei bambini adottabili e delle peculiarità di questo modo di diventare famiglia. Generalmente la coppia sogna il bambino che non ha avuto, cioè piccolo e sano». E invece? «Poi - riprende - si inizia il percorso con psicologi e assistenti sociali, si impara, ci si interroga, si viene messi di fronte all’adozione e alle sue caratteristiche e inizia la trasformazione di lei, di lui e della coppia. Così la coppia diventa feconda, nel senso che fa spazio al bambino reale, adottabile che può diventare figlio. E questo figlio può non essere piccolo, può non essere sano, e così via».
Terzo punto: «La coppia deve essere informata sul suo iter adottivo dopo i colloqui conoscitivi con il giudice per l’eventuale abbinamento con il bambino». Ma non succede proprio così? «No, attualmente succede che nell'adozione nazionale le coppie disponibili non ricevano alcun feedback sull’esito dei colloqui conoscitivi a cui sono chiamati dal Tribunale: rimangano ad attendere con la speranza di essere contattate. Solo il silenzio prolungato fa loro capire che non sono stati scelti causando frustrazione, scoraggiamento e disillusione».
Quarto punto: più risorse e investimenti nei servizi di post-adozione. Si tratta di un aspetto fondamentale. Oggi gli aiuti per le coppie che hanno adottato un bambino «troppo pochi e sottodimensionati rispetto alle richieste». Le conseguenze, ben note, possono arrivare fino al fallimento adottivo.
Altri punti sottolineati da ItaliAdozioni riguardano la formazione, il parto in anonimato, l’adeguamento del personale e l’interpello da parte del figlio adottato, compiuto il 25esimo anno di età, per la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata. Tutte questioni di grande delicatezza che meriterebbero un approfondimento specifico. Ma il percorso è appena iniziato verso la riforma. Ne riparleremo.