Proposta di legge. «Future mamme possono dare in adozione il concepito (e ripensarci)»
(Foto Ansa d'archivio)
Una modalità per dare una chance diversa alla donna che è in procinto di abortire. È il senso della proposta di legge avanzata da Gian Luigi Gigli e Mario Sberna, deputati di Democrazia Solidale-Centro Democratico, volta alla “adozione del concepito”.
«Con questa proposta diamo un significato alla 194, un contenuto in linea con quello che la legge, solo in teoria, si propone, cioè di tutelare la maternità e prevenire l'aborto», spiegano. «La nostra esperienza - sostiene Gigli, che è anche presidente del Movimento per la Vita - ci dice che il più delle volte la donna, più che per ragioni di pericolo grave per la sua salute fisica o psichica, come previsto dalla legge 194, sceglie di abortire per cause socio-economiche o per timore di malformazioni nel nascituro». In presenza di queste ragioni la gestante può ottenere, in base alla proposta presentata, lo stato di adottabilità del concepito disposto con rito abbreviato dal tribunale per i minorenni prima della sua nascita.
La donna, prevede il testo, fino al momento della nascita e nei 7 giorni successivi può liberamente revocare il suo consenso all'adottabilità, in caso diverso il Tribunale intraprende la procedura adottiva scegliendo nell’elenco delle coppie che si sono rese disponibili, nell’ambito di una residenza non inferiore ai 500 chilometri per ovvie ragioni legate alla tutela della privacy della donna che sceglie questa strada. «È una proposta che non coarta la volontà di nessuno ma che prevede l'obbligatorietà di presentare un'alternativa alla donna che vuole abortire», dice Gigli. «D’altronde – spiega l’avvocato Giovanni Doria, docente di diritto civile a "Tor Vergata" e materiale estensore della proposta – si può parlare di scelta tecnicamente solo in relazione alla parola libertà, in presenza cioè di una libera decisione fra almeno due opzioni».
D'altronde a fronte di circa 185mila interruzioni volontarie della gravidanza negli ultimi due anni (ma si arriva oltre i 200mila calcolando i circa 15mila aborti clandestini stimati su base annua), il Movimento per la Vita, senza nessun aiuto concreto dello Stato, e senza una normativa che lo favorisca, riesce, ricorda Gigli, a prevenire in «circa un caso su dieci» la volontà di abortire. Ed è facile immaginare quali potrebbero essere i risultati a seguito di una norma che ponesse come obbligatoria la creazione di un’alternativa. «La nostra proposta parte dal valore della vita, l'Italia ha bisogno dei suoi figli, senza figli non c’è futuro», dice Sberna. «Ma oltre a promuovere la vita – prosegue – così noi rendiamo anche possibile prevenire una tragedia, quale si rivela sempre questa scelta per la donna, che ne porta poi il peso per tutta la vita».
Torna in ballo, con questa proposta, anche la figura del padre, grande escluso dalla "194" nelle ormai quasi quarantennali esperienze di attuazione della legge. «Certo, la maternità è un tema che riguarda principalmente la donna, ma non può correttamente essere considerata una sua esclusiva», dice lo psichiatra, ed ex parlamentare, Alessandro Meluzzi.
All'articolo 2 viene della proposta viene infatti previsto l’obbligo di tenere informato della possibilità alternativa dell’adozione del concepito, oltre ai consultori, i medici di fiducia e le strutture sanitarie competenti, anche «la persona eventualmente indicata come padre».