Buone notizie, anche se non ufficiali. Nessuna dichiarazione nero su bianco, in sostanza, ma le informazioni che nella Capitale ruotano intorno al caso di Kate fanno ben sperare. Una cosa è certa: la donna «non verrà reimbarcata su un aereo per la Nigeria lunedì», quando uscirà dal carcere. Questo non è solo improbabile, ma anche tecnicamente non fattibile, vista la complessità della situazione ed i tempi della burocrazia. Molto più verosimile, invece, che a Castrovillari, in Calabria, lunedì la donna appena scarcerata venga portata in questura dove ribadirà la sua richiesta di asilo politico, formulata una decina di giorni fa. Tuttavia ci vorrà tempo, forse anche molte settimane, per avere un parere dalla commissione istituita ad hoc. Ai suoi membri, infatti, spetta la verifica sulla veridicità delle dichiarazioni della donna e sui reali pericoli che corre nel suo Paese. Nel frattempo, perciò, Kate aspetterà la risposta in un Cie (Centro di identificazione ed espulsione) o in alternativa in una struttura di accoglienza, dove potrebbe essere trasferita forse già lunedì. «Passeranno mesi, prima che si arrivi ad un accoglimento o a un rigetto della richiesta d’asilo», fanno sapere comunque gli organismi competenti. Normalmente la procedura è questa. Ma chi ha in mano le carte va anche oltre e, pur invocando il riserbo, arriva a tratteggiare le prossime puntate della storia di Kate. Visto che la nigeriana è nel nostro Paese da anni e ha alle spalle anche una condanna non lieve, «è ipotizzabile che la sua richiesta non sia accolta». Ma anche in questo caso, Kate non deve temere per la sua vita, rassicurano da Roma, perché ci sono tutti gli estremi per una «protezione internazionale umanitaria ». Insomma, le potrebbe esse- re concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari. «L’Italia non è una nazione che rimanda a casa una donna che nel suo Paese d’origine rischia la vita e non lo faremo neanche in questo caso». Non importa, dunque, quanto sia alto questo rischio, basta solo il minimo sospetto che lei in Nigeria possa vedere minacciata la sua incolumità. Il Viminale, a quanto pare, si sta già orientando per questa soluzione, anche se per ora nessuno può dare certezze “in chiaro”. La situazione di Kate non è poi così semplice. Dopo una condanna a quattro anni emessa dal tribunale di Roma, avendo scontato la sua pena nel carcere calabrese di Castrovillari, è il tribunale di sorveglianza di Cosenza che dovrà rendere effettiva la sua espulsione. Ma per emettere il foglio di via, il giudice attenderà, appunto, le conclusioni della commissione asilo. Mentre la giustizia va avanti, anche politica, sindacato e mondo dell’associazionismo non stanno con le mani in mano. «Già martedì, alla ripresa dell’attività della Camera, farò un’interrogazione al ministro dell’Interno chiedendo di intervenire subito», spiega la deputata del Pdl Souad Sbai che ha avuto anche rassicurazioni dal governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, sulla sistemazione che Kate avrà una volta uscita di cella. «Ci sono centinaia di Kate in Italia – ammette – anche se non fanno notizia, dobbiamo pensare anche a loro. Sarebbe un’ipocrisia andare ad aiutare le donne che vivono in condizioni di pericolo all’estero ed ignorare tutte quelle che abbiamo qui, in Italia». Accanto a lei ci sono dodici parlamentari bipartisan che ancora attendono risposta a due interpellanze fatte al ministro Maroni e al neo ministro della Giustizia, Nitto Palma. Anche il sindacato di via Po, come la gran parte del mondo cattolico, segue con attenzione la vicenda ed è pronto ad intervenire. La prima in ordine di tempo sarà forse proprio la Cisl che lunedì tratterà il caso, portato all’attenzione dei vertici dalla segretaria confederale con delega alle politiche migratorie, Liliana Ocmin. «Cercheremo di formalizzare la nostra richiesta già domani per aiutare Kate – precisa – agendo nel modo migliore, anche senza grandi proclami, per tutelare soprattutto la ragazza». Senza dimenticare, comunque, che vanno aiutate e informate le tante donne che «vivono lo stesso dramma nell’ombra».