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Rapporto Acnur. Mai così tanti rifugiati nel mondo ma sono quasi tutti nei Paesi poveri

Luca Liverani mercoledì 19 giugno 2019

Yemen, sfollati in un campo profughi di Aden (© UNHCR / UNHCR / NMO)

I rifugiati nel mondo nel 2018 hanno superato i 70 milioni, un numero mai registrato nei quasi 70 anni di vita dell’Acnur. Una massa di uomini, donne e bambini in fuga da guerre e persecuzioni, che però ha un impatto sui paesi sviluppati relativamente contenuto. La maggior parte infatti sono persone sfollate nei paesi confinanti al loro. Solo il 16% è stato accolto in regioni sviluppate, mentre l’80% vive in Paesi confinanti con quelli di origine. Infatti i Paesi ad altro reddito hanno una percentuale di rifugiati del 2,7 ogni mille abitanti, meno della metà di quelli a medio e basso reddito che sono al 5,8. Come l’Italia che ha 3 rifugiati ogni mille abitanti. Di gran lunga meno dei 20 di Malta o dei 25 della Svezia. E sono numeri nemmeno paragonabili ai 45 ogni mille abitanti della Turchia, ai 72 della Giordania, ai 156 del Libano.

L’"invasione", insomma, sembra esistere solo nella propaganda martellante della politica xenofoba. I dati ufficiali del Global Trends Report, il rapporto annuale dell’Acnur, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati, smonta la narrazione ansiogena che ha convinto milioni di persone della necessità indiscutibile di alzare muri e lasciare i naufraghi in balia delle onde. Senza intervenire, invece, sulle cause della fuga. Ad esempio interrompendo le esportazioni di armi verso paesi caratterizzati da instabilità politica, se non addirittura in conflitto.

La cifra di 70,8 milioni secondo l’Agenzia è stimata per difetto perché non considera pienamente la crisi del Venezuela. Nel 2018 sono stati cittadini del paese sudamericano a presentare il più alto numero di domande di asilo: 341.800. La cifra globale di 70,8 milioni è composta da tre distinti sotto-insiemi: il primo è quello dei rifugiati, 25,9 milioni di persone costrette a fuggire da guerre o persecuzioni, alle quali è stato riconosciuto il pieno diritto d’asilo. Il secondo gruppo è quello dei richiedenti asilo, altri 3,5 milioni, anch’essi fuggiti dal loro paese e che ricevono protezione internazionale nell’attesa dell’esito della domanda di asilo. Il terzo gruppo, il più numeroso, sono i 41,3 milioni di persone che si sono spostati in aree comunque interne al proprio Paese di origine, definiti sfollati interni. I rifugiati e i richiedenti asilo, quelli che effettivamente bussano alle porte di altri paesi, sono dunque meno della metà del numero complessivo, cioé 29,4 milioni.

La stragrande maggioranza di chi è costretto ad abbandonare la propria casa vorrebbe tornarci appena possibile. In realtà questo riguarda una fetta molto ridotta dei rifugiati. Nel 2018 sono stati solo 593.800 i rifugiati che sono tornati a casa propria. Altri sono stati redistribuiti in altri paesi: 92.400 i reinsediamenti, meno del 7% di tutti quelli che sono in lista di attesa. Altri 62.600 hanno invece acquisito una nuova cittadinanza per naturalizzazione.

Il Global Trends Report non dà solo le dimensioni del fenomeno. Un numero enorme di rifugiati è costituito da minori: uno su due, la metà. Molti sono quelli che scappano da soli, circa 111 mila, e senza famiglia. Ad esempio l’Uganda - che ha 26 rifugiati ogni mille abitanti - ha registrato 2.800 bambini di età pari o inferiore a 5 anni, soli o separati dalle famiglie di origine. Quasi due rifugiati su tre, il 61%, vive in paesi o città, piuttosto che in aree rurali o campi per profughi. E la loro non è una condizione passeggera: i quattro quinti ha vissuto sradicato da casa per almeno cinque anni, un quinto ha vissuto da rifugiato per almeno 20 anni.