Quello di don Nunzio Scarano è, suo malgrado, un nome noto agli investigatori della Guardia di finanza. Più di una volta, seguendo il flusso di fondi che si sospetta siano stati sottratti al fisco, gli 007 finanziari sono incappati nel sacerdote. Non solo per le indagini che riguardano un giro di denaro e la disponibilità di alcuni conti, a lui riferibili, aperti presso lo Ior. Il sacerdote risulta coinvolto anche nell’inchiesta salernitana sul fallimento del pastificio Amato. Un crac da 100 milioni di euro che ha portato a una trentina di indagati, tra cui gli ex vertici di Banca Montepaschi, come l’ex presidente Giuseppe Mussari e l’ex direttore generale Giuseppe Vigni.
A carico del sacerdote la procura di Salerno avrebbe raccolto una ventina di testimonianze. Si sospetta che per ripianare il disavanzo di una società immobiliare nella quale Scarano aveva interessi, questi avesse messo a garanzia un suo immobile del valore di 400mila euro e reperito fondi attraverso "donazioni". Alcuni conoscenti interrogati nei giorni scorsi a Salerno avrebbero detto che si trattava di "offerte" richieste dal sacerdote per venire incontro alle esigenze di persone e nuclei familiari in difficoltà. Centinaia di migliaia di euro che, con assegni variabili dai 3 ai 10mila euro, sarebbero stati negoziati direttamente con lo Ior, dove Scarano avrebbe gestito alcuni conti. In totale sono stati individuati 56 "donatori", alcuni molto facoltosi, altri che avrebbero versato in "beneficenza" somme non superiori ai mille euro.Per gli inquirenti, però, c’è qualcosa che non torna. In alcuni casi, infatti, queste liberalità venivano restituite immediatamente. Più che prestiti mascherati da donazioni, secondo gli investigatori si tratterebbe di operazioni di riciclaggio, allo scopo di sottrarre capitali all’imposizione fiscale e ottenere vantaggi patrimoniali. Gli assegni sarebbero stati solo una partita di giro, perché al momento della consegna i "donatori" avrebbero trovato sul tavolo l’equivalente in contanti, per risarcirli in toto dell’esborso. In questo modo, chi voleva alleggerire i propri depositi bancari e tenere alla larga i controlli, poteva farlo affidando i capitali al sacerdote, che poi avrebbe tenuto per sé gli interessi. Inoltre si sta cercando di capire sé – e in questo sarà decisiva la piena collaborazione offerta dalla Santa Sede – i conti di Scarano presso lo Ior fossero adoperati come forziere da alcuni di questi "donatori", che in realtà avrebbero trovato poco lontano da casa una cassaforte inaccessibile all’Agenzia delle entrate. E potrebbe essere questa - secondo gli inquirenti - una delle spiegazioni alle ingenti disponiblità economiche del bancario diventato prete. <+nero_bandiera>