Richiedenti asilo. Svelato il bluff salviniano sui tagli all’accoglienza
In attesa che l’annuncio di modifiche ai decreti sicurezza si tramuti in un provvedimento legislativo, dal Viminale arriva una concreta correzione di tiro rispetto a una decisione della precedente gestione, targata Matteo Salvini. È contenuta in una circolare di 10 pagine, inviata ai prefetti dal capo dipartimento per l’Immigrazione e le libertà civili Michele Di Bari. Il testo, visionato da Avvenire, contiene uno «schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei centri di prima accoglienza».
L’intento è quello di fermare la 'fuga' dai bandi per i servizi ai richiedenti asilo. Nel 2018, l’allora ministro dell’Interno leghista Matteo Salvini aveva tagliato (da 35 a 19-26 euro) il rimborso per ogni immigrato accolto in strutture italiane. Secondo Salvini, ciò avrebbe prodotto risparmi per un miliardo e mezzo di euro, dovuti ai tagli decisi con le nuove Linee guida degli appalti per i servizi d’accoglienza (definite con l’Anac nel 2018). Quel testo prevede 6 bandi-tipo in base alla grandezza dei centri: 150 posti, 300, 600, 900, 1.000, più i casi di accoglienza 'individuale' (ossia le persone ospitate in appartamenti, attualmente l’80% dei soggetti inseriti nel sistema).
Più grande è il centro, più i costi da mettere a base d’asta sono contenuti, da un minimo di 19 euro a migrante per le strutture fino a mille persone a un massimo di 26 per chi sta in appartamento. Proclami a parte, all’atto pratico la sforbiciata ha fatto andare deserta gran parte dei bandi, generando problemi e disservizi segnalati dai prefetti al Viminale. Il ministro Luciana Lamorgese ha istituito una cabina di regia per valutare eventuali correttivi, anche in base alla collocazione geografica della struttura e all’assistenza fornita. Dopo un parere dell’Anac (che ha certificato come i criteri delle linee guida possano essere ritoccati, nel rispetto della legge), ieri il Viminale ha inviato la nuova circolare ai prefetti per dare loro la possibilità di in- terpretare in maniera più elastica la soglia dell’importo dei rimborsi. In caso di mancata presentazione di offerte, l’atto consente di ricorrere alla procedura negoziata senza bando: le prefetture «possono individuare alcuni operatori economici da consultare, selezionando l’offerta migliore».
E se un prezzo d’asta dovesse risultare sottostimato, «si potrebbe procedere a variare » le singole voci che compongono il costo medio. Non si torna al tetto dei 35 euro, ma – secondo fonti ministeriali – l’aumento del rimborso giornaliero crescerà comunque in media del 10%, ossia intorno ai 3 euro circa. Per alcuni servizi anche in misura maggiore: lo si desume da alcuni passaggi (a pagina 7 e a pagina 10) della circolare, in base ai quali i prefetti potranno fissare importi più sostanziosi, purché non superino il «limite economico del 50% dell’importo a base d’asta del capitolato». È prevista la possibilità la possibilità per l’immigrato di accedere a servizi d’assistenza sanitaria complementare, da porre a carico dell’appaltatore e che potranno essere «rimborsati a parte rispetto al prezzo pro capite pro die al giorno a base di gara».
Ancora, «alcune prefetture hanno segnalato la necessità di aumentare la presenza di personale di vigilanza, essendosi verificati danneggiamenti». In tal caso, i prefetti potranno aumentare i fondi fino «al quinto dell’importo del contratto ». La circolare del Viminale viene criticata dal leader leghista: «Dopo aver riaperto i porti, il governo riapre i portafogli degli italiani – afferma Salvini –, aumentando i soldi per chi accoglie richiedenti asilo e fa ripartire il business legato agli sbarchi. Vergogna!». Mentre Forza Italia, con la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini, «auspica altrettanta solerzia nei controlli». Nel mondo dell’accoglienza, il provvedimento ministeriale viene letto con attenzione.
Per Mario Morcone, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, «è la vittoria della ragionevolezza, consentirà di tornare a standard di qualità nel circuito d’accoglienza». Mentre per Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci,, c’è il rischio che «nel circuito entrino operatori privati senza competenze. Invece, è cruciale che ripartano i percorsi d’integrazione e inclusione. Chi chiede asilo proviene da storie di sofferenza che non si possono ignorare».