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INTERVISTA AL GARANTE DELLA PRIVACY. Pizzetti: «Accettare i controlli, l’evasione è una piaga»

Arturo Celletti domenica 8 gennaio 2012
«Ora ogni movimento bancario sarà noto. All’agenzia delle Entrate sa­pranno anche se compri con un bancomat una confezione di lamette. Sapran­no tutto: in quale supermercato la compri, a che ora la compri... Capisce, c’è una dolorosa compressione delle nostre libertà». Il presidente dell’Autorità garante per la privacy Francesco Pizzetti riflette a voce bassa sull’accelerazione decisa dal governo per sferrare il colpo di gra­zia contro l’evasione. «È un controllo che io de­finirei con una sola parola: capillare. E che se non vivessimo in uno stato di allarme fiscale così elevato non faticherei a definire eccessivo. Ma l’allarme c’è, l’evasione è un’emergenza rea­le, una piaga che dobbiamo combattere accet­tando gli stessi sacrifici che trent’anni fa accet­tammo quando il nemico era il terrorismo». È un accostamento che fa pensareAnche allora ci fu una compressione delle no­stre libertà. Lei ricorda? Se si ospitavano a casa anche dei parenti bisognava subito indicare al­la questura le generalità di ognuno di loro. C’e­ra un’emergenza nazionale e quelle misure ven­nero comprese e accettate. Ora occorre la stes­sa consapevolezza: è necessario che i cittadini capiscano e mostrino fino in fondo senso civi­co. C’è davvero una nuova emergenza?C’è e serve un impegno collettivo per combat­terla. L’evasione fiscale mette a rischio la coe­sione nazionale e tutti devono conoscere i mo­tivi di questa compressione delle libertà. E so­prattutto che cosa significhi accettarla. Provi a spiegarlo.Ogni cittadino deve fare la sua parte per aiuta­re a vincere l’evasione e creare così le condi­zioni per tornare nel tempo più rapido possi­bile a una situazione di normalità. Quando trent’anni fa l’emergenza terrorismo fu supe­rata, una serie di misure vennero tolte. Io dico che l’obiettivo può e deve essere lo stesso: libe­rare il Paese dai tentacoli dell’evasione e resti­tuire ai cittadini la vita di prima. Succederà questo?Decide il legislatore non noi, non Equitalia: un’amministrazione pubblica come l’agen­zia delle entrate fa quello che gli viene chie­sto di fare. Ma la politica ha ben chiaro il pro­blema: l’invio di ogni dato bancario senza che vi sia un accertamento in corso è una scelta dura, invasiva, dolorosa. È un prezzo alto che il Paese paga in termini di libertà personale. Ma oggi era inevitabile muoversi con questa determinazione. Lei si è mosso ufficialmente e ha inviato una lettera ai presidenti delle Commissioni Bilan­cio delle Camere... È indispensabile che nel trattamento delle infor­mazioni personali dei cittadini ci sia la massi­ma attenzione e la massima cautela. Le nuove misure in qualche modo creano le condizioni perché ogni nostra mossa e ogni nostro com­portamento siano controllati... Ma l’Autorità farà tutto il possibile per garantire che i dati dei cittadini siano protetti. Vigileremo. E chi userà i dati potrà essere chiamato a rispondere sul perché l’ha fatto e su come l’ha fatto. La gente può fidarsi di Equitalia?C’è stata, c’è e ci sarà assoluta collaborazione tra noi e l’Agenzia delle Entrate. E poi conosco il dottor Befera: lui ha ben chiari i problemi e vuole fare la sua parte per risolverli. Abbiamo lavorato bene nella reciproca consapevolezza degli interessi in gioco e sono certo che sarà an­cora così. Certo, quando si acquisiscono informazioni e le si mettono in una banca dati... Certo il rischio di un accesso illecito c’è sempre, ma noi faremo ogni sforzo per scongiurare usi distorti di qualsiasi informazione. Lo faremo o­ra, ma lo facciamo già da tempo perché le ban­che dati già sono piene di informazioni. Da tem­po numerosi soggetti pubblici conoscono mol­to di noi: le imposte che paghiamo, i tributi, le utenze di cui siamo intestatari, il tipo di auto che possediamo, se abbiamo una barca e che tipo di polizza assicurativa. Una enorme mole di da­ti che devono essere protetti, devono essere messi in sicurezza e utilizzati solo per finalità i­stituzionali. Così è stato, così è, ma noi conti­nuiamo a vigilare. Questo è il nostro compito e il nostro impegno. Cresce il fastidio verso Equitalia. C’è qualcosa che si può fare? C’è una sofferenza nel Paese. Anche ad adat­tarsi al dinamismo dell’Agenzia delle entrate. C’è perché da troppi anni siamo costretti a fa­re i conti con una pressione fiscale esagerata e allora dico: combattere l’evasione fiscale può e deve servire, in prospettiva, a dare un se­gnale al Paese, a dimostrare che abbassare le tasse è possibile. A patto che tutti paghino la loro quota.