La voce dei precari della scuola italiana – un esercito di insegnanti e tecnici e amministrativi impiegati con contratti a termine abusivi e in condizioni di lavoro discriminatorie – arriverà fino in Lussemburgo. Lo ha deciso la Commissione Europea che oggi ha annunciato il deferimento del nostro Paese alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per aver violato le norme comunitarie sul lavoro a tempo determinato nel settore scolastico e non aver fatto nulla per porvi rimedio, nonostante i solleciti.
Il deferimento è l’ultimo step della procedura di infrazione avviata ai danni dall’Italia dalla Commissione con due lettera di diffida, nel 2019 e 2020, e ribadita – tre anni dopo – con un parere motivato all’indirizzo del governo. La questione, però, non è stata risolta e ora verrà esaminata dalla Corte di Giustizia, la quale deciderà se imporre sanzioni all’Italia, obbligando il governo a risarcire gli abusi e soprattutto a modificarne la prassi.
Abuso di contratti precari
Sotto accusa sono l’impiego scorretto di contratti a tempo determinato per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali e gli stipendi degli insegnanti precari, che ad oggi non prevedono una progressione retributiva basata sull’anzianità di servizio: un “deficit” contrattuale che di fatto rende gli assunti a tempo determinato docenti di serie B rispetto ai colleghi di ruolo. Nella situazione si troverebbero, secondo il Ministero dell’Istruzione e del Merito, 165mila insegnanti ma i sindacati contano 250mila precari, pari al 26% dell’intero corpo docente italiano composto da 943mila unità.
Nelle scorse settimane il governo aveva provato a correre ai ripari con il cosiddetto Decreto Salva Infrazioni, che raddoppia l’indennizzo in caso di abuso di contratti a termine per i precari della scuola: grazie alla nuova norma, il risarcimento, che potrà essere richiesto da chi ha alle spalle almeno tre anni di contratti atipici, sarà determinato in base alla gravità della violazione, alla quantità di contratti a termine e alla durata del rapporto e potrà essere compreso tra le 4 e le 24 mensilità. La misura, però, non è sembrata sufficiente né alla Commissione Europea né alle altre parti in causa per cui la norma, così com’è, mette una pezza ma non richiude il buco: bisogna prevenire gli abusi – il succo del ragionamento di chi la critica – e non basta sanzionarli una volta che si sono verificati. Il decreto, infatti, non punta a ridurre il numero dei precari riformando il metodo di reclutamento dei docenti che invece, secondo il sindacato Anief che ha depositato un emendamento in questo senso, dovrebbe procedere su un doppio canale: i concorsi ordinari e le graduatorie per titoli ed esperienza per i docenti con un lungo periodo di precariato.
Le reazioni dei sindacati
Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, i cui legali hanno ottenuto diverse sentenze sulla discriminazione dei precari e che sono state di supporto per il deferimento, ha commentato: «Dopo 25 anni dall’approvazione della direttiva, ancora oggi in Italia non si rispetta la norma europea: sono più di 400mila i docenti con più di 36 mesi di servizio che hanno subito questo abuso. La Commissione chiede misure che lo prevengano: per noi si tratta del doppio canale di reclutamento e deve essere introdotto il principio di non discriminazione che pretende lo stanziamento di risorse straordinarie anche in vista del nuovo contratto (che dovrebbe essere rinnovato entro la fine dell’anno, ndr)».Secondo Gianna Fracassi, segretaria generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL, la decisione della Commissione «certifica una condizione sollevata spesso in questi anni. Ora occorre immettere in ruolo tutti i docenti e su tutti i posti vacanti e disponibili, e fare lo stesso per il personale ATA; è necessario poi stabilizzare i posti di sostegno che sono oltre 130mila. Dal punto di vista salariale le risorse per il rinnovo del contratto non solo sono insufficienti per procedere all'equiparazione tra personale a tempo determinato e a tempo indeterminato ma non contribuiscono neppure a rispondere all'inflazione».
Il fronte politico
Per Antonio Caso, deputato Movimento 5 Stelle, la decisione della Commissione è «l’ennesima bocciatura per Valditara e per il governo Meloni sul fronte scuola». «Siamo molto preoccupati – ha dichiarato invece Irene Manzi, responsabile nazionale scuola del Pd –. Eppure nel 2017, grazie al lavoro del Pd, avevamo predisposto delle norme che avrebbero garantito di ridurre progressivamente il numero dei docenti precari, attraverso un sistema di formazione e reclutamento ben strutturato contestuale a una serie di concorsi volti alla stabilizzazione del personale. Purtroppo, per ragioni ideologiche e di bandiera quel sistema è stato abolito e da allora la destra non è stata in grado di elaborare alcuna proposta alternativa. Ma i nodi vengono al pettine, dopo gli impegni solenni e le promesse estive del ministro Valditara sulla risoluzione del precariato, vorremmo conoscere le proposte del governo per affrontare un tema che anche quest'anno sta pesantemente incidendo sul buon avvio dell'anno scolastico».
Cosa dice il ministro
Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, dal canto suo, replica: «Prendo atto – ha commentato il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara – della decisione dell’Unione Europea. Siamo fermamente intenzionati e impegnati a risolvere problemi creati e lasciati irrisolti da precedenti governi in cui Pd e M5S hanno avuto ruoli decisivi. Il precariato, con i problemi connessi, non è nato oggi. Aggiungo che questo Governo ha una visione ampia e strategica della scuola italiana, che sta portando avanti in tutte le sedi. L’opposizione fa solo polemiche strumentali e sterile propaganda. Noi abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani previsto da un’intesa fra la Commissione e il precedente governo, superando le rigidità della riforma PNRR (che prevede l’assunzione di 70mila docenti attraverso concorsi, limitando così le possibilità di stabilizzazione per molti docenti precari che hanno già maturato anni di esperienza, ndr) che creano un’oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni. Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento».