Elezioni regionali. Abruzzo al voto, test per i tre poli
Il territorio è complesso e particolare, ma anche le scelte degli abruzzesi alle urne non possono essere date per scontate. Ecco perché i sondaggi e quanti dei candidati si sono lasciati andare a facili entusiasmi negli ultimi giorni hanno tirato il freno. Perché l’Abruzzo, che andrà al voto il 10 febbraio dopo le dimissioni del governatore Luciano D’Alfonso (che ha conquistato uno scranno al Senato), in passato ha sempre dimostrato di saper prendere una strada propria rispetto al vento politico nazionale. Per questo le elezioni regionali, tra quattro giorni, potrebbero essere un test importante per i partiti e avere echi anche a Roma. Un momento cruciale, insomma, testimoniato pure dal fatto che i vescovi abruzzesi e molisani hanno esortato tutti gli elettori ad andare a votare. E l’arcivescovo di Chieti e presidente della Ceam monsignor Bruno Forte, con un appello a titolo personale ha invitato a tenere a mente alle urne alcuni 'sì': l’accoglienza dei migranti, l’attenzione ai poveri, l’ambiente e l’occupazione giovanile, l’emergenza post terremoto, la visione di sanità intesa come bene comune. Un vero e proprio manifesto dei giovani arriva, invece, dall’Azione Cattolica Abruzzo e Molise, con cui i ragazzi hanno manifestato il desiderio di essere ascoltati e hanno chiesto ai candidati di mettere la scuola come le priorità, di pensare al futuro dei piccoli centri e alla valorizzazione del patrimonio ambientale.
In una regione storicamente 'rossa' il centrodestra, dopo aver riconquistato lo scorso anno il capoluogo, corre compatto sotto la candidatura di Marco Marsilio (51 anni), senatore di Fratelli d’Italia e uomo vicinissimo a Giorgia Meloni, pronto a lasciare la poltrona di Palazzo Madama per tornare nella sua terra natia a governare (la famiglia è originaria di Tocco di Casauria, nel pescarese). A sostenerlo cinque liste di cui una civica, facente capo a Gaetano Quagliariello, e a pezzi dell’Udc. A tirargli la volata sono arrivati in Abruzzo sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini e (a dieci anni dal sisma) anche Silvio Berlusconi. E i tre leader torneranno ancora tra domani e venerdì per la chiusura della campagna elettorale. Ma la sua «non abruzzesità» e «l’essere un catapultato da Roma», come lo definiscono gli avversari, pesa agli occhi di tanti elettori. Eppure dal 2015 ricopre la carica di coordinatore regionale di Fdi.
A contendersi con lui la poltrona più alta di Palazzo Silone a L’Aquila, Giovanni Legnini (60 anni) sostenuto da otto liste, per lo più espressione della società civile (solo il Pd ha il suo simbolo tradizionale). L’ex vicepresidente del Csm, che ha ricompattato intorno a sé tutto il centrosinistra regionale, ha accettato una sfida da far tremare i polsi dopo l’appello di 165 sindaci, ma ha un’eredità non proprio semplice da gestire. Alle politiche il Pd è uscito con le ossa rotte fermandosi al 14%; tuttavia dalla sua c’è il fatto che Legnini non viene identificato come un dem tradizionale, ma come «l’abruzzese», «un uomo del territorio», il candidato che parla con i corpi intermedi. Non a caso ha pensato bene di scegliere come quartier generale non la storica sede del partito a Pescara, ma un ufficio tra i capannoni industriali di Dragonara, tra Chieti Scalo (la sua città) e Pescara. E nessun big di Largo del Nazareno si è visto nei comizi. Lo sostengono 232 candidati, di cui la metà donne e un terzo giovani, ma soprattutto i sondaggi lo hanno definito «il candidato più autorevole». Mentre i suoi avversari considerano «un’ammucchiata» il suo «laboratorio antipopulista».
Il Movimento 5 stelle schiera per la seconda volta Sara Marcozzi (41 anni), attuale consigliera regionale e avvocato di Chieti, fedelissima di Luigi Di Maio che insieme ad Alessandro Di Battista in due giorni ha girato l’Abruzzo in lungo e in largo annunciando «piani Marshall » per occupazione e sanità. Nei manifesti si definisce «la forza gentile» e il quasi 40% alle ultime politiche potrebbe creare l’illusione di una strada in discesa. Ma il 20% dei consensi per lei nelle ultime regionali e il caso Teramo – dopo pochi mesi dal 4 marzo, la città teatina è andata senza troppe difficoltà al centrosinistra – insegnano. Quarto candidato, sostenuto da Casapound, è Claudio Flajani; ha focalizzato il suo programma su casa e servizi sociali, diritto alla salute, finanziamenti per le attività produttive, più sicurezza, stop all’immigrazione, prevenzione e ricostruzione.