Torino. Aborto, tutti contro la “stanza dell'ascolto” per le donne. Ma perché?
La firma della convenzione al Sant'Anna di Torino
L'iniziativa si propone come strumento di supporto alle donne in gravidanza che versano in una situazione di difficoltà: una “stanza dell'ascolto”, dove sfogare (se si vuole, in piena libertà, senza obblighi o costrizioni di alcun tipo) le proprie paure, parlare dei dubbi e della scelta già presa di abortire, magari solo per rielaborarla o affrontarla con maggiore consapevolezza, magari per ripensarci. Esattamente quello che prevede la legge 194, secondo cui si deve contribuire «a far superare le cause che potrebbero indurre alla interruzione della gravidanza», oltre che a garantirla. L'hanno adottata all'ospedale Sant'Anna di Torino, il presidio sanitario primo in Italia per numero di parti (con 6.590 nuovi nati nel 2022) e anche l'ospedale piemontese in cui si effettua il maggior numero di interruzioni di gravidanza (con circa 2.500 casi nel 2021, il 90% di quelle effettuate a Torino e circa il 50% di quelle a livello regionale), firmando una convenzione con la Federazione Movimento per la vita. Che a difesa della vita e delle mamme in difficoltà da sempre lavora, anche in questo caso senza obbligare o colpevolizzare nessuno. E che per la stanza, nella fattispecie, impiegherà un team di operatori volontari specializzati, pronti a lavorare in raccordo con il personale sanitario della struttura.
Una bella notizia, non solo perché «ogni volta che una donna abortisce perché si è sentita abbandonata di fronte alla sfida della maternità siamo di fronte a una drammatica sconfitta delle istituzioni» per usare le parole (difficilmente contestabili) dell'assessore alle Politiche sociali della Regione Maurizio Marrone, ma anche perché aprire nel principale ospedale ostetrico ginecologico del Piemonte uno spazio dove donne e coppie in difficoltà possano trovare aiuto o anche solo informazione sui progetti a supporto della vita nascente è una piccola conquista in tempi di inverno demografico e proteste (bipartisan, per altro) sul mancato sostegno alla natalità. "Peccato" che l'assessore, per altro già in passato finito nel mirino degli oppositori per iniziative analoghe (su tutte l'istituzione di un Fondo per la vita nascente), militi nelle file di Fratelli d'Italia e che la proposta sia diventata l'ennesima occasione per uno scontro tutto politico, in cui i temi della difesa della vita e della natalità vengono ridotti a «forme di integralismo della destra» e l'ospedale torinese «da eccellenza torna al Medioevo».
Così, nello spazio di poche ore, quella del Sant'Anna è diventa una stanza delle torture: «Nella retorica del calo demografico e quindi dell'esigenza di far nascere più bambini, in un Paese dove le donne tutti i giorni vengono uccise per mano di un compagno o marito quando manifestano la propria libertà - sostengono Anna Poggio, segreteria Cgil Piemonte, ed Elena Ferro, segreteria Cgil Torino, secondo cui calo demografico ed esigenza di far nascere più bambini sono dunque operazioni di parte politica - riteniamo la decisione di una struttura che è sempre stata all'avanguardia, dal punto di vista sanitario, sbagliata, ideologica e contro il diritto. Le donne non hanno bisogno di tutori, ma semmai di tutele dei propri diritti e delle proprie libertà, compresa quella di decidere se proseguire o meno la gravidanza». Per il capogruppo Pd in consiglio comunale di Torino, Nadia Conticelli, è anche peggio: «Siamo di fronte all'ennesima umiliazione nei confronti delle donne e della loro libertà di scelta e di autodeterminazione. Non si tratta di uno sportello di accoglienza, che altrimenti sarebbe gestito dall'ospedale o dall'Asl, ma di un affidamento diretto al Movimento per la Vita, dunque una forma di violenza psicologica istituzionalizzata». Parole da drammatica violazione dei diritti umani quelle pronunciate dalla deputata M5S, Chiara Appendino: «Fratelli d'Italia e il loro assessore alle Politiche sociali del Piemonte si confermano un pericolo per la civiltà e i diritti delle persone, da loro arriva ancora una volta un delirio oscurantista contro le donne, la loro dignità, la loro libertà, il loro diritto all'autodeterminazione. Dietro alla presunta “stanza per l'ascolto” che vogliono far nascere all'ospedale Sant'Anna di Torino insieme alle associazioni antiabortiste con cui vanno a braccetto, c'è infatti la cattiveria di chi vuole scaricare addosso alle donne un'ideologia cieca, misogina, spietata». Concetti ribaditi, a più riprese e con toni altrettanto allarmistici, da molti altri parlamentari delle opposizioni al governo e naturalmente dal segretario di Più Europa, Riccardo Magi.
Di «golpe estivo» parla invece Silvio Viale, il ginecologo radicale che lavora proprio al Sant'Anna e che è considerato il “padre” della pillola abortiva in Italia (finì sotto processo all'Ordine dei medici per i cartelloni elettorali in cui vestiva il camice bianco e mostrava proprio le scatole della Ru486): «Non ne sapevo nulla, nessuno mi ha informato e nessuno ha chiesto un mio parere. Di certo non ci sarà nessuna stanza del Movimento per la Vita lungo il percorso delle donne che decidono di abortire per qualunque ragione prima e dopo i 90 giorni. Le prenotazioni si continueranno a dare di persona al Day Hospital senza che gli attivisti antiabortisti possano molestare le donne». Guai anche solo a dirlo, alle donne, che c'è un'alternativa all'aborto. E la chiamano libertà.