Attualità

Aborto farmacologico in day hospital. Il parere della discordia

Enrico Negrotti martedì 11 agosto 2020

Un documento che ancora non c’è, ma che già fa molto discutere. Le nuove linee guida sulla somministrazione senza ricovero ospedaliero della pillola abortiva Ru486, annunciate sabato dal ministro della Salute Roberto Speranza, sono «una sua decisione» ha detto domenica il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: «Non ci siamo consultati».

Le associazioni cattoliche (Scienza&Vita, Movimento per la vita) ribadiscono che si tratta di una scelta che lascia sola la donna con la sua sofferenza. Mentre la Federazione Sigo – che riunisce, nella Società italiana di ginecologia e oste- tricia l’Associazione degli ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi), l’Associazione ginecologi universitari italiani (Agui) e l’Associazione ginecologi territoriali (Agite) – plaude alla decisione del ministro, che risulta basata su un parere scientifico da lei stessa fornito. «È stata una scelta del ministro della Salute, non ci siamo consultati – ha detto il premier Conte domenica a un incontro pubblico a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi –. Ma io credo che l’importante è che ci sia una assistenza sanitaria adeguata anche con supporto psicologico, poi non ho elementi per valutare le linee guida degli esperti, l’importante è che ci sia assistenza sanitaria adeguata». Proprio la necessità di assistenza peraltro è uno dei nodi delle nuove linee guida, che – nelle anticipazioni giornalistiche finora note – prevedono ulteriori cautele nella somministrazione della pillola abortiva senza ricovero: le donne infatti non dovranno essere ansiose, né avere una bassa soglia del dolore o essere sole a casa.

Ma le più recenti evidenze scientifiche, sostiene la Sigo in un comunicato stampa, indicano che si tratta di «un passo importante a tutela della salute dei diritti delle donne, nel pieno rispetto della legge 194/78». E citano a conforto una bibliografia scientifica di 25 voci, che è stata inoltrata al Consiglio superiore di sanità. Conferma il presidente Sigo, Antonio Chiantera: «La decisione del ministro Speranza si basa su un parere del Consiglio superiore di sanità, che ha chiesto a noi un parere scientifico, da noi fornito con ampia documentazione bibliografica».

Il plauso della Società italiana di ginecologia, che si intesta il consulto scientifico in base al quale sarebbe stata decisa la “svolta” (e che aveva chiesto i cambiamenti già ad aprile)

Già in aprile, durante l’infuriare della pandemia di Covid-19, le Società scientifiche di ginecologia e ostetricia avevano formulato richieste per facilitare l’accesso all’aborto chimico: spostare il limite di utilizzo della Ru486 da 7 a 9 settimane, eliminare la raccomandazione del ricovero ordinario, introdurre il regime ambulatoriale con assunzione in ambulatorio del mifepristone e a domicilio delle prostaglandine e prevedere una procedura da remoto, monitorata dai servizi di telemedicina. Ora la Sigo sostiene che la nuova direttiva del ministro Speranza «consente alle donne di “attenuare” il disagio di una scelta sempre difficile e dolorosa: «Credo che sia un conforto psicologico per la donna – spiega Chiantera – incontrare nei consultori o negli ambulatori ospedalieri un ginecologo e uno psicologo che consegnano il farmaco, lo somministrano, aspettano 30-40 minuti e la rimandano a casa dopo averle spiegato la sintomatologia dolorosa, e gli antidolorifici da prendere. Sicuramente rende meno doloroso questo momento di scelta sofferta della donna, perché chiaramente nessuna donna prende una decisione del genere a cuor leggero». «Uno scenario tristissimo di morte e solitudine – osserva invece Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la vita, in un’intervista al Sir – che rende prevedibilmente ancora più pesante la ferita psicologica che l’aborto volontario comunque reca alla donna.

1 Che cos’è la Ru486?
Il farmaco abortivo consta di due pillole. Una, il miferpistone, blocca la crescita del concepito. L’altra, la prostaglandina, somministrata due giorni dopo, ne provoca l’espulsione entro poche ore. O qualche giorno, due, tre, in alcuni casi anche sette. Per evitare ritardi, si ricorre a una seconda dose.

2 Come funziona?
«L’espulsione del materiale abortivo avviene mediante sanguinamento e contrazioni», spiegano le indicazioni. Una specie di forte ciclo mestruale, con l’aggiunta di forti crampi addominali. Si evitano anestesia e intervento chirurgico, ma in alcuni casi si deve comunque ricorrere al raschiamento.

3 Quali i rischi?
In Italia a dare il via libera alla vendita della Ru486 fu l’Aifa il 26 febbraio del 2008, sulla base della casistica di 10 decessi riportata allora dalla ditta produttrice Exelgyn e di 16 indicati, invece, da indagini giornalistiche. La stessa ditta nel 2009 ne calcolò 29.
Sono invece a centinaia gli effetti avversi legati all’aborto in pillola.

Tutto il processo di morte, dall’assunzione della prima pillola all’espulsione del figlio, è scaricato sulla donna ». Senza trascurare il fatto che «l’assunzione della Ru486 non è affatto innocua. Sono provati effetti dannosi sulla donna che vanno dalla nausea al vomito, a forti dolori addominali, alla dissenteria, a dolori endocrini, fino a emorragie irrefrenabili e non mancano casi di morte. Sono tutti effetti documentati». Pertanto, aggiunge Marina Casini Bandini, «è una falsità dire che la Ru486 tutela la salute delle donne; è una propaganda ideologica ». «Un aborto a domicilio – commenta Olimpia Tarzia, presidente del movimento Politica-eticaresponsabilità – in barba alla stessa, ingiusta, legge 194, senza alcun controllo medico».

«La legge 194, pur drammatica, ha come presupposto in questi casi la tutela della salute della donna – sottolinea Alberto Gambino, presidente di Scienza& Vita – ed è il motivo per cui la pratica abortiva si verifica totalmente all’interno di una struttura ospedaliera. Questa decisione del ministro finisce per banalizzare l’interruzione della gravidanza, momento drammatico. Sembra quasi l’assunzione di farmaco, mentre una vita viene annientata nelle segrete stanze di una casa, di un bagno, lontano da una struttura medica».