Lotta contro la morte, intubata e in coma, in un lettino di ospedale, nel reparto di rianimazione dell’ospedale civile “San Giacomo”. Combatte per sopravvivere, dopo aver lottato per condizioni di vita migliori, una donna romena di 37 anni, ricoverata da sabato scorso e ora in gravissime condizioni per le conseguenze di un aborto clandestino.La donna si è presentata sabato nel reparto di pronto soccorso dell’ospedale di Monopoli per uno stato settico da addome acuto: una setticemia, insomma. È stata visitata dall’équipe di chirurghi e ginecologi del presidio ospedaliero che, dopo averla sottoposta a una tac, hanno deciso di eseguire un intervento chirurgico in urgenza. L’intervento è stato portato a termine da due équipe di medici, che hanno asportato l’utero e un’ansa intestinale perforati a causa di un probabile aborto clandestino.Subito dopo, i medici hanno presentato denuncia ai carabinieri della Compagnia di Monopoli, che hanno avviato indagini.E, con molta difficoltà, i militari dell’Arma hanno saputo a ricomporre alcuni tasselli di una tristissima storia, alla quale mancano ancora molti importanti elementi. Subito dopo la denuncia, i Carabinieri sono riusciti a risalire all’identità della donna, che risulta non essere in regola con le norme che regolano l’immigrazione. Di lei si è saputo che ha due figli in Romania, che era in Italia da sei mesi, impiegata come badante presso una famiglia, sulla quale – però – non graverebbe il minimo sospetto. Anzi, stando a quanto appreso negli ambienti investigativi, sarebbero stati proprio i componenti della famiglia – resisi conto delle pessime condizioni della donna – a convincerla, sabato sera, a presentarsi al pronto soccorso dell’ospedale. Di più: l’hanno accompagnata loro, benché la donna fosse riluttante, custodendo il duplice segreto della clandestinità – nascosta anche a chi la teneva in casa – e di una gravidanza non voluta. Indesiderata a tal punto da determinarla a interrompere l’attesa nella maniera peggiore.L’unica cosa che i medici dell’ospedale ricordano con certezza è che la donna ha risposto una serie di “no” a tutte le domande che le venivano rivolte per ricostruire quanto le fosse accaduto nelle ore precedenti il ricovero. L’intervento e l’aggravamento delle condizioni cliniche, poi, hanno fatto sì che si procedesse solo per ipotesi. La più plausibile è che la donna intrattenesse una relazione sentimentale tenuta nascosta alla famiglia presso cui era impiegata e alimentata nelle ore di libertà - non si sa nemmeno se a Monopoli o in uno degli altri centri vicini alla ridente cittadina marinara del Sud Barese - che avrebbe portato alla gravidanza indesiderata e alla successiva interruzione. Avvenuta - e su questo fronte sembra che i Carabinieri abbiano allargato molto il campo delle indagini - ad opera di una mano abusiva che avrebbe eseguito l’intervento clandestino tra mura domestiche, piuttosto che in cliniche o studi medici in qualche modo compiacenti.Chi ha visto le immagini diagnostiche è rimasto sconcertato dalla crudezza con cui rudimentali attrezzi avrebbero operato sul corpo della giovane rumena, la quale, evidentemente si sarebbe affidata a quella mani cruente, nell’ultimo giorno di libertà. Mani sporche in tutti i sensi, se le hanno procurato quella grave infezione che poi ha portato, sabato sera, al ricovero in ospedale e, nel volgere di poche ore, alla seria compromissione del quadro clinico generale. Ancora ieri sera non si era notato il benché minimo segno di miglioramento e i medici non nascondono la loro preoccupazione per un’evoluzione tragica della vicenda.