Le donne calpestate. «Abolire» la prostituzione? Si può
La prostituzione è un ostacolo alla parità tra uomini e donne. Non si può configurare come un’attività economica perché si situa al di sotto della dignità umana e perché il corpo di una donna non è merce. Sono nette le conclusioni alla quale è giunta l’indagine conoscitiva sulla prostituzione approvata nei giorni scorsi dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato. Gli esperti ascoltati per l’indagine, coordinata dalla senatrice Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle, hanno delineato un’Italia in cui non c’è spazio per una liberalizzazione del «lavoro sessuale», su modello tedesco, ma al contrario in cui la sensibilità diffusa porta verso una ancora maggiore stretta sulla domanda, cioè sui clienti, seguendo l’esempio dei Paesi nordici, Svezia in testa.
Due anni di lavoro, per ascoltare esperti, associazioni, il comitato per i diritti civili delle prostitute, sindacati, vittime di tratta e giuristi, con l’obiettivo di capire se la Legge Merlin, approvata nel 1958, sia ancora adeguata a contrastare le attività illegali connesse alla prostituzione, in un contesto molto diverso da quella in cui fu approvata 63 anni fa. Un contesto in cui una parte dell’offerta, negli ultimi mesi, si è spostata dalla strada al web e investe in maniera rilevante anche le persone transessuali. E in cui, ancora, all’osceno fenomeno della tratta si accompagna quello inquietante delle escort, delle massaggiatrici, che taluni vorrebbero rubricare nella categoria della libertà sessuale.
Nel nostro Paese le stime sul numero delle donne prostituite variano tra le 75mila e le 120mila, secondo l’unica ricerca a oggi disponibile, che risale al 2017 ed è stata elaborata dal Codacons. Il 55 per cento è straniera, le minorenni sono il 10%. Il giro d’affari è stimato in 3 miliardi e mezzo di euro l’anno. Le esperienze europee prese in esame dall’indagine insegnano che legalizzare la prostituzione, come avviene dal 2002 in Germania, in buona compagnia in Europa con Austria, Grecia, Ungheria, Lettonia, Paesi Bassi e Svizzera, serve solo a nascondere lo sfruttamento delle donne nei bordelli (oltre a rimpinguare le casse dello Stato con le tasse), ma non certo a far regredire il fenomeno.
Ma in Italia il modello 'regolamentarista' appare del tutto fuori corso, come evidenziano le conclusioni dell’indagine conoscitiva, che ha preso le mosse dalla sentenza della Corte Costituzionale del 7 giugno 2019. In quell’occasione la Consulta stabilì che la prostituzione, anche laddove appaia come una scelta «inizialmente libera», conduce spesso in un «circuito dal quale sarà difficile uscire volontariamente». Il legislatore, concludeva la Corte Costituzionale «ravvisa nella prostituzione, anche volontaria, un’attività che degrada e svilisce la persona».
Il numero delle donne prostituite in Germania (Report 2021 associazione www.eumans.eu)
90.000
Le donne prostituite in Italia. È un dato medio: le stime vanno da 75mila a 120mila (Codacons 2017)
3 milioni
55%
Proprio Maiorino, forte delle conclusioni dell’indagine conoscitiva, nei prossimi giorni presenterà una proposta di legge che ricalca quella entrata in vigore nel 2016 in Francia: «Ai clienti pena amministrativa, poi penale se recidivi, sostegno a chi voglia uscire dalla prostituzione e campagne di informazione per scoraggiare la domanda », sintetizza la senatrice. Dunque, saranno superate le 20 proposte di legge che, in questi anni, proponevano di modificare la legge Merlin: in molte di esse (la maggior parte del centro destra, ma ce n’è una anche del Movimento 5 stelle) si proponeva la legalizzazione del cosiddetto 'sex work'. Di certo, il clima è cambiato, tanto che i due esponenti di centro-destra in Commissione Affari Costituzionali si sono limitati ad astenersi nella votazione del documento finale.
«La legge Merlin è da rivedere perché è inapplicata nei confronti delle donne prostituite che nel momento in cui volessero uscire dal circuito non hanno nessun aiuto. Il fenomeno della prostituzione, che rimane legale, si trova in una zona grigia di estrema tolleranza. Ma credo che ormai il nostro Paese abbia imboccato una direzione, e l’indagine l’ha indicata chiaramente: un eventuale aggiornamento della legislazione sulla prostituzione – conclude Maiorino, leggendo le conclusioni – non potrà che muoversi tra il modello abolizionista vigente o quello neoabolizionista emergente». Sex work, addio?