Il riconoscimento. A Salvatore Mazza il premio alla memoria dell'istituto Massimo
Un testimone di tre pontificati e della fedeltà ai valori cristiani, ma anche testimone della sofferente condizione di malato con la sua rubrica su Avvenire SLAlom. Con queste motivazioni nei giorni scorsi è stato assegnato al vaticanista di Avvenire Salvatore Mazza un premio alla memoria, come alumno dell’Istituto Massimo che annualmente premia gli ex alunni che si sono contraddistinti nella loro carriera progessionale. Nell’istituto dei padri gesuiti il giornalista, scomparso nel dicembre 2022 dopo una lunga malattia raccontata sulle pagine di Avvenire nella rubrica Slalom, si è infatti formato durante le scuole medie e superiori conseguendo la maturità classica nel 1974.
Un appuntamento dedicato alla comunità degli alumni dell'istituto Massimo, apertosi quest’anno con la celebrazione eucaristica celebrata da monsignor Francesco Beneduce, vescovo ausiliare di Napoli che dal 1997 al 2001 è stato rettore dell’Istituto Massimo di Roma.
«Con la sua attività giornalistica presso il quotidiano della Cei Avvenire, dal 1981, ha sempre testimoniato nel mondo della comunicazione, anche quale autorevole vaticanista, durante i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, la fedeltà ai valori cristiani – si legge in particolare nella motivazione del premio a Salvatore Mazza, firmata dal direttore generale p. Nicola Bordogna sj, e dal presidente dell'associazione degli ex alunni del Massimo Antonio Buccioni - La sua rubrica su Avvenire intitolata significativamente SLAlom ha trasmesso fino all'ultimo la sua sofferente condizione di malato di SLA mentre continuava a irradiare le parole dei pontefici».
A ritirare il premio la figlia maggiore di Salvatore, Giulia, che ha ringraziato l'associazione degli ex alunni del Massimo ricordando come l'istituto «sia stato soprattutto un luogo di formazione umana prima che scolastica» per suo padre «come per tutti voi qui presenti». La sua convinzione è che «la forza, lo spirito e anche l'ironia feroce con cui mio padre ha affrontato i cinque anni di malattia vengano da qui, da questo luogo, dal suo incontro con i gesuiti e con i compagni di classe con cui ha condiviso quegli anni – ha aggiunto - Quindi permettetemi di ringraziare soprattutto loro, i suoi compagni di classe, che mai lo hanno lasciato solo e soprattutto che non lo hanno fatto sentire diverso perché malato».