Stefano Fassina è sempre stato, di Matteo Renzi, avversario tenace ma leale. E lo conferma nel secondo giorno dell’era renziana aperta dal voto di domenica.
Ora siete tutti renziani, nel Pd?Al premier, e con lui al Pd, è stata data una grande e inaspettata apertura di credito. Che gli conferisce ancora una maggiore determinazione per le riforme e una straordinaria leva, in vista della presidenza italiana della Ue, per i decisivi cambiamenti da apportare all’agenda politica europea. Ciò detto, la minoranza nel partito resta, ma non siamo opposizione. Porteremo avanti i nostri punti di vista, con accresciuta responsabilità. E con le nostre ragioni, come abbiamo sempre fatto dalla lettera della Bce (dell’agosto 2011,
ndr), quando per primi segnalammo il pericolo di un’avanzata dei populismi.
Nella foto di gruppo dell’altra notte, però, lei si è defilato. Pudore?È giusto che in prima fila oggi ci sia chi ha gestito questa fase. La presenza di tutti noi, tuttavia, stava a significare che il Pd è un fronte unito, nonostante le divergenze.
Ma cos’è che ha fatto trionfare Renzi?A lui va il riconoscimento di aver saputo imprimere un cambio di marcia e d’aver affrontato temi importanti, a partire dalla riforma della politica, con un linguaggio che fosse compreso dalle persone distanti dal Pd o che da esso si erano allontanate. Un fattore, questo, che alcuni di noi avevano sottovalutato.
In cosa continuerà a sostenere posizioni diverse?Sul lavoro, a esempio. Il decreto è "andato". Ma lavoreremo sulla delega per contenere il tasso di precarietà introdotto. Anche Draghi ha ricordato che ci si è accaniti sui giovani.
E il bonus?Con le risorse a disposizione non si può fare molto di più. La decisione di allargare alle famiglie monoreddito con almeno 3 figli mi pare positiva. Dal 2015 vedremo che margini ci sono, tenendo presente che per allargarli bisogna rimettere in discussione gli obiettivi di finanza pubblica.
Non teme che ora ci sia troppa poca sinistra nel Pd di Renzi? Che per arrivare al 41% ha saputo parlare anche ai moderati del Paese.Non è un problema di moderazione. In uno scontro tra rabbia e speranza Renzi ha intercettato le domande di chi punta sulla ricostruzione del Paese. Per corrispondere alle aspettative, però, è necessario ora archiviare la Terza Via, rispetto alla quale servono radicalità e discontinuità.
Cosa vuole dire?Se Renzi pensa di riprodurre la ricetta blairiana di "sciogliere lacci e lacciuoli" non so quanta strada possa fare. Il punto è correggere radicalmente la politica economica europea e dare priorità al sostegno pubblico agli investimenti e ai redditi delle famiglie, in un quadro di politiche di bilancio espansive. Mi sembra che lo abbia ben presente, ho trovato promettente e certo lontano dalla Terza via il riferimento a un piano keynesiano da 150 miliardi, che ora va declinato.
Dia un consiglio a Renzi.Si concentri sull’Europa. È da lì che tutto deriva, a partire dalla svalutazione del fattore lavoro che sta seminando il disagio sociale. Siamo in un passaggio storico in cui le difficoltà dei singoli stati non sono dovute più alla congiuntura. L’euro e le politiche di bilancio europee, invece di aiutare ad affrontare le sfide, hanno aggravato i problemi. Ora siamo a un bivio: o saremo in grado di dare risposte alle imprese e alle famiglie o queste si affideranno sempre più a forze politiche regressive.
In Italia questo fenomeno è stato contenuto.Sì. Il risultato del Pd, in controtendenza nella famiglia socialista, è un’opportunità per creare un vero fronte alternativo. Non per portare a chiedere sconti per l’Italia, ma per rispondere a problemi sistemici che riguardano tutti.
Sulle riforme istituzionali, cosa farà ora il Pd?Andrà avanti, per realizzare una di quelle condizioni che ci possono dare ancora più forza in Europa. Io rimango critico sull’Italicum: è insostenibile la soglia dell’8% ed è ingiusto che le forze in coalizione che non arrivano al 4,5% non ottengano nulla, a tutto vantaggio del partito maggiore. E devono tornare le preferenze. Si può ragionare su questi aspetti, la priorità è la riforma del Senato e del Titolo V.
Un messaggio a Grillo?Cominci a discutere nel merito. Giocare al "tanto meglio, tanto peggio" non vale la pena, perché hanno visto che gli elettori non lo apprezzano e chiedono anche da lui un apporto costruttivo.