Solidarietà. Piacenza, le suore che hanno lasciato la loro casa alle profughe ucraine
I profughi ucraini accolti nel Piacentino
La più giovane ha 84 anni, la più anziana 90. C’è chi ha problemi di salute, chi cammina col deambulatore. Eppure non hanno avuto il minimo dubbio quando suor Milva Caro, superiora provinciale delle Suore missionarie di S. Carlo Borromeo-Scalabriniane, ha chiesto loro se erano disponibili a lasciare il buen retiro di Casaliggio, frazione di Gragnano Trebbiense, in provincia di Piacenza, per far posto a mamme e bambini in fuga dall’Ucraina.
«Ne avevamo già parlato, di fronte alle immagini della guerra in tv: se ci chiedono di andare, partiamo. E tutto quel che ora possiamo offrire, insieme alla preghiera». Così suor Anna, suor Celina, suor Ofelia, suor Fiorentina e suor Iolanda – alle spalle oltre sessant’anni di vita religiosa tra i migranti, dalle miniere della Lorena francese alla Svizzera, dall’Albania alla Germania – per l’ennesima volta hanno fatto la valigia, direzione Piacenza, nella casa che, negli anni ’50, le ha viste novizie in formazione.
Casaliggio è solo un tassello del mosaico ecclesiale che, con il coordinamento della Caritas diocesana, sta dando il suo apporto per l’accoglienza dei profughi ucraini. Nel Piacentino ne sono già arrivati 1.194. Ma il flusso è continuo, né i familiari né tantomeno i Comuni, da soli, sono in grado di assorbirlo.
Si sta progettando di riaprire le casermette di San Polo di Podenzano, già messe a disposizione dall’Aeronautica militare per l’emergenza Covid, con la gestione di Croce Rossa. Intanto, oltre a privati e perfino un’azienda – la Cementirossi ha aperto la foresteria a quattro ragazze di Kiev – si sono mosse parrocchie e Congregazioni religiose.
La Caritas siede alla cabina di regia con la Prefettura, gli enti locali e la Protezione Civile, forte dell’esperienza di accoglienza diffusa attraverso il progetto “Casa tra le case”. «Eravamo già sotto pressione, per gli effetti della pandemia sociale, però di fronte alla nuova emergenza c’è stata una grande risposta, anche dalle zone più periferiche della diocesi, come Vigoleno o Bedonia» sottolinea il direttore Mario Idda. Oltre alle scalabriniane, stanno accogliendo le Gianelline di Bobbio e Piacenza, le Figlie di Sant’Anna, le parrocchie di San Vittore alla Besurica in città, Fiorenzuola, Lugagnano, Carpaneto, Strà, Cadeo, Caminata. L’elenco è in continuo aggiornamento.
Tra gli accolti, anche un gruppo di persone sordomute. «Quel che chiediamo è di assicurare, oltre alla casa, una rete comunitaria che possa facilitare la quotidianità delle persone ospiti» precisa Idda. È lo stile dell’accompagnamento che caratterizza tutti i percorsi Caritas. Al quartiere Besurica di Piacenza lo si vive dal 2005, quando il Consiglio pastorale della parrocchia guidata da don Franco Capelli ha preso la decisione di destinare l’appartamento in canonica, un tempo riservato al vice parroco, all’accoglienza delle fragilità.
«Sono passati afghani, una ragazza sudamericana, due coppie di profughi dall’Africa, di una abbiamo celebrato il battesimo del figlio, una famiglia del Marocco, italiani in difficoltà» spiega don Franco. Dall’11 marzo, stanno ospitando una mamma di Rivne con la figlia 14enne. La ragazza va a scuola, ha ripreso le lezioni di pianoforte.
«Partecipa al gruppo dei giovanissimi, presto suonerà in chiesa», dice don Franco. La mamma non smette di ringraziare lui e i volontari: «Abbiamo trovato una seconda famiglia». «Siamo noi, che ringraziamo voi – rilancia don Franco –. L’accoglienza ci fa crescere come comunità».