Laggiù c’è il paese 'graffiato' dal terremoto: ancora macerie, ancora case crollate, impalcature, cantieri... Più in là c’è però l’altra Onna: quella che ha ripreso a vivere e a sperare. C’è il villaggetto antisismico, le casette in legno con i fiori alle finestre, il nuovo asilo... «Era una promessa ardita e lo sapevamo, ma grazie a Dio è stata mantenuta», sussurra Silvio Berlusconi arrivato qui per consegnare le prime case ai terremotati. Qui, stati d’animo diversi si accavallano. C’è gioia e c’è rabbia. C’è fiducia e c’è disillusione. «Dove andremo a settembre? No alla deportazione», c’è scritto su un lenzuolo che i cittadini di Tempera, una frazione di Paganica, alzano davanti gli occhi del premier. Il terremoto ha indurito i cuori, ha rubato la fiducia e anche il premier capisce le contestazioni inevitabili. «Le proteste? Sono solo di quei paesi dove non siamo intervenuti... Ci vuole tempo, ma daremo a tutti una risposta, a tutti una casa...», ripete a bassa voce Berlusconi. Più in là Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile rinnova la promessa: «Entro la fine del mese saranno smontate tutte le tendopoli sotto le quali vivono ancora 11 mila persone ed entro la fine dell’anno tutti gli sfollati saranno sistemati in nuove abitazioni». Berlusconi annuisce: anche lui è certo che per dicembre si potranno ospitare nelle case di legno e in quelle antisismiche 2530 mila persone. Oggi sono ancora pochi a sorridere, ma è un passo concreto verso il traguardo. È il giorno delle consegna di 93 nuove case. Piccoli fabbricati in legno. Rifiniti, accoglienti. Le telecamere riprendono momenti toccanti della cerimonia. Le mani di Berlusconi che stringono le chiavi. Quelle della signora Giancola (solo lunedì sera era stata estratta a sorte ed era corsa a firmare il contratto di comodato d’uso della casetta numero 39) che le afferrano quasi tremando. C’è emozione. «C’è davvero tutto in queste piccole abitazioni. C’è anche il sapone, i bicchieri, gli asciugamani, le coperte... Persino il frigorifero è pieno di ogni ben di Dio». Nella cucina vicino alle buste di risotto precotto e alle zuppe in barattolo c’è anche un biglietto di auguri firmato da Berlusconi. La donna ha gli occhi lucidi. Guarda la nuova casa. Berlusconi sorride leggero e promette: «È solo una situazione provvisoria... Vedrete, questa situazione non durerà a lungo, presto Onna sarà ricostruita». È un giorno di promesse e di ricordi. Di speranze e di certezze. «Il 21 settembre riapriranno le scuole e sarà un altro successo straordinario», ripete con orgoglio il capo del governo. Qualcuno non ci crede. Qualcuno contesta ancora. E gli striscioni polemici si mischiano ancora a calore ed entusiasmo. «Belle le case di Onna, ma gli altri?», si legge su uno di questi. Berlusconi lo guarda e sussurra: «Quello che abbiamo fatti per Onna lo faremo per tutti». È un giorno segnato dai sentimenti. Le telecamere si fermano sul premier che depone una corona di fiori davanti alla lapide che ricorda le vittime del terremoto. Indugiano sugli occhi tristi di Giustino Parisse, il giornalista che nel terremoto ha perso i due figli e il padre e che si 'aggrappa' al premier per trovare nuova speranza: «Abbiamo bisogno di voi». Inquadrano l’Arcivescovo dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari, che si fa interprete delle speranze della gente d’AL bruzzo: «A loro non interessano le chiacchiere sterili della politica, ma il lavoro, una giustizia che funzioni, una più equa redistribuzione delle ricchezze, meno burocrazia e uno Stato che funzioni...». Il premier annuisce, il presule va avanti: «Il Vangelo condanna chi chiacchiera e non fa fatti, ma premia chi agisce correttamente... Presidente carissimo le auguro di poter continuare a fare del bene come ha fatto non solo a noi ma a tutta la nostra nazione». Mille mani cercano il premier. Mille bocche lo chiamano. Ma oggi niente siparietti. C’è l’inaugurazione dell’asilo intitolato a Giulia Carnevale, la giovane architetta che aveva ideato e disegnato il nuovo edificio, ma che il terremoto ha ucciso quel tragico 6 aprile sotto le macerie della casa dello studente dell’Aquila. E c’è la corsa al cantiere di Bazzano dove sono in costruzione gli appartamenti del progetto «Case». Prima l’unico siparietto della giornata: Giuseppe Mancini, un cinquantenne di un paesino della provincia, abbraccia Berlusconi e lo solleva da terra gridando «Grande Presidente, grazie per quello che ha fatto credendo nella ricostruzione». Poi, sollevando le braccia in alto ad un premier divertito aggiunge: «Sono 50 anni che lotto contro il comunismo».