Attualità

L'impresa. Malata di Parkinson attraversa lo Stretto a nuoto per aiutare la ricerca

Ilaria Sesana mercoledì 17 luglio 2024

Paola nelle acque dello Stretto di Messina

Per quasi due mesi Paola Merelli, 67enne insegnante in pensione, ha nuotato ogni giorno per due ore nel mare davanti a Marina di Pisciotta, nel Salernitano, recitando mentalmente i versi delle poesie che ama per scandire il ritmo. «La mia preferita è “Lassammo fa’ a Dio” di Salvatore di Giacomo – racconta– per recitarla tutto servono venti minuti».

Ad accompagnarla il marito Mimmo e il fratello Fabio, che ieri mattina hanno completato con lei la “Swim for Parkinson”, la traversata a nuoto dello Stretto di Messina organizzata da “Limpe per il Parkinson”, associazione che finanzia la ricerca scientifica su questa malattia, che ha coinvolto una trentina di nuotatori provenienti da tutta Italia.

Paola è stata la prima a completare i quasi quattro chilometri che separano Capo Peloro, in Sicilia, da Cannitello. Ex insegnante in una scuola di Scampia, mamma di quattro figli che per anni ha aperto le porte di casa sua a bambini e ragazzi in affido. Insieme al marito ha dato vita a una casa-famiglia per minori vittime di maltrattamento. Ha ricevuto la diagnosi nel 2020, una settimana prima che il Covid-19 mettesse tutta l’Italia in lockdown.

Un momento impossibile da dimenticare: «Ho trascorso la prima fase della mia malattia in isolamento», racconta rievocando la paura, il senso d’incognita e la depressione che hanno pervaso quelle settimane. «Il Parkinson non ha cure. Ti senti impotente, pensi che il morbo ti accompagnerà al declino senza che tu possa fare nulla. In quella fase ho scoperto quanto fosse importante avere accanto a me i miei familiari, i miei caregiver. Che mi hanno sempre spronato a reagire».

Con la fine del lockdown, Paola ha iniziato le terapie farmacologiche e, su indicazione dei medici, l’attività sportiva. Uno degli effetti del Parkinson, infatti, è l’irrigidimento progressivo dei muscoli e l’esercizio fisico è un buon modo per rallentarne il decorso. «Iniziai a nuotare, ma non solo – prosegue Paola –. L’irrigidimento provocato dalla malattia interessa soprattutto il viso: noi malati perdiamo il sorriso. Per questo mi dedico molto agli esercizi per conservare la capacità espressiva, fondamentale per le nostre relazioni con gli altri. Partecipo anche a gruppi di recitazione online: parlare ad alta voce o cantare permette di conservare espressività e tono di voce».

Nella prima fase della malattia, però, Paola non era entrata in contatto con il mondo associativo («Non avevo idea che esistessero le associazioni», confessa). L’occasione di costruire nuovi legami arriva attraverso la proposta di partecipare a “Swim for Parkinson”. «Inizialmente l’idea di entrare in contatto con altri malati mi spaventava: non sapevo se sarei stata in grado di vedere chi si trovava già a uno stadio più avanzato – spiega–. E invece ho conosciuto persone dalla profonda sensibilità e dalla grande capacità artistica, magari impacciate nei movimenti ma dalla mente estremamente lucida».

Purtroppo, davanti a una diagnosi di Parkinson molte persone si rassegnano, si chiudono in sé stesse, smettono di uscire di casa. A rendere il tutto ancora più difficile è la carenza di centri specializzati, dove i malati vengono presi in carico da équipe multidisciplinare di specialisti, particolarmente evidente nel Mezzogiorno: un problema su cui Paola ritiene particolarmente importante accendere l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni. Ed è anche per questo che si è allenata e ha sfidato le correnti che tagliano il Canale di Sicilia.

Ma nel nuoto in mare aperto Paola ha vissuto una profonda esperienza interiore: «Dopo la fatica iniziale la mente si libera e trova uno spazio immenso di sentimenti, ricordi e sogni – conclude–. Per me è anche un momento di profonda spiritualità e contatto con Dio, mi metto in dialogo con Lui. È stata una scoperta bellissima».