Attualità

Il viaggio. A Locri, tra le donne in "Codice rosso" protette dalla Caritas

Antonio Maria Mira, Locri (Reggio Calabria) mercoledì 20 settembre 2023

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Cinquantanove casi di “Codice rosso” in 20 mesi, il 50% provenienti da ambienti di ‘ndrangheta. È il drammatico risultato dell’attività del progetto sulle violenza alle donne e ai minori della Caritas della Diocesi di Locri-Gerace, partito nel novembre 2021 e realizzato in stretta collaborazione con Forze dell’ordine, i servizi sociali dei comuni, e alcuni associazioni. La conferma di un fenomeno molto diffuso, e di come la violenza nelle famiglie mafiose lo sia ancora di più. Lo dimostrano i recenti risultati investigativi sulla scomparsa e uccisione di Maria Chindamo, “colpevole” di voler essere una donna libera. Perché la ‘ndrangheta è ancor più violenta con le donne.

Sono inquietanti i dati raccolti dalla Caritas, come ci racconta la direttrice Carmen Bagalà: delle 59 persone accolte in “Codice rosso”, 35 erano donne e 24 minori, l’80% italiani. Le donne con età tra 21 e 79 anni, i minori da 9 mesi a 12 anni. La maggiori parte dei casi sono stati segnalati dalle Forze dell’ordine o dagli assistenti sociali, tre dopo un ascolto in Caritas diocesana o parrocchiali. Per molte di loro si sono aperte le porte del dormitorio diocesano “Pandocheion casa che accoglie”. «Era stato da poco ristrutturato e pensavamo che avremmo ospitato soprattutto immigrati. Invece le ospiti sono state soprattutto le donne coi figli» spiega Carmen. È diviso in unità abitative, con cucina, tv, accesso a un cortile, «per ricreare un ambiente familiare». A seguire donne e bambini un’equipe multidisciplinare con una psicologa, un educatore e due animatori in sinergia con gli Ats e lo sportello antiviolenza di Ardore. Inoltre in un’altra ala del centro Caritas è stata realizzata una stanza per gli ascolti protetti. «In supporto all’azione della Polizia perché spesso le donne non vogliono andare in commissariato, per paura o per vergogna». Qui invece si sentono tutelate, inoltre accanto alla stanza ce n’è una per i bambini, piena di giochi, per distrarli mentre le mamme raccontano e, se vogliono, denunciano. Perché molto raccontano, chiedono aiuti, ma finora le denunce sono state solo tre. «Purtroppo la maggior parte non denuncia, non passa il messaggio che la denuncia tutela, ma quello che ti tolgono i figli». Così solo un marito è finito in carcere, altri hanno avuto il decreto col divieto ad avvicinarsi.

Eppure tutte le donne sono vittime di violenze fisiche. Testimoni anche i figli. «Una bimba diceva alla mamma: “Papà ti ammazza”». Anche per accertare queste violenze sono stati realizzati due ambulatori, attrezzati per visite ginecologiche, grazie alla collaborazione di medici volontari. Ma cosa accade dopo la “prima accoglienza” della Caritas? Il 50% è stato accolto in una “casa rifugio”, altre con l’aiuto delle Caritas parrocchiali e degli assistenti sociali vanno da parenti, ma ben il 30% rientra a casa, «purtroppo a causa di pressioni familiari».

Che in ambienti ‘ndranghetisti sono particolarmente forti. È, ad esempio, la storia di una donna sposata ad appena 16 anni, ambiente mafioso, 4 figli, tre dei quali minorenni. «Dopo ripetute violenze è venuta a chiederci aiuto malgrado la famiglia avesse provato a convincerla a non allontanarsi. Anche la figlia maggiore. Invece lei se n’è andata coi tre figli più piccoli. Noi l’abbiamo ospitata per un mese e mezzo. I parenti venivano in continuazione per farla tornare indietro. Ma lei ha tenuto duro, ha denunciato e ora è in una casa rifugio».

Storie drammatiche che potevano arrivare al femminicidio. «L’ex fidanzato di una giovane donna ha provato a investirla alla fermata dell’autobus. L’abbiamo aiutata a denunciare e ha ottenuto il decreto di allontanamento dell’uomo». E alcune volte le violenze vengono nascoste dietro altri problemi. Come due donne che si sono presentate allo sportello per gli ascolti antiusura. In realtà si è poi scoperto che chiedevano i soldi per il marito che le maltrattava. Donne fragili, deboli, doppiamente vittime. A tutte le età.

Ha 74 anni una signora che subisce violenze da 40. Due anni fa ha finalmente deciso di denunciare ed è stata accolta in una casa rifugio dove è rimasta fino a giugno 2022: «Sono comparsi importanti problemi di salute, aveva paura di essere ricoverata e i familiari l’hanno convinta a ritirare la denuncia e tornare a casa». Ma dopo appena un mese ha chiesto un aiuto alla Caritas. «È stata la prima volta, aveva un occhio nero e lividi sulla schiena». Dopo poco è rientrata a casa. Di nuovo la malattia, ma soprattutto le pressioni familiari: «Le violenze sono continuate ed è tornata da noi. Allora sono arrivati i familiari e l’hanno riportata di nuovo a casa».

E ci sono anche casi di doppio “Codice rosso”. Una donna è venuta a denunciare le violenze familiari, prima il marito e poi il cognato. Di nuovo ambiente ‘ndranghetista. «Ma abbiamo capito che anche la figlia, ancora molto piccola, molto probabilmente era stata vittima di abusi e violenza assistita». Storia di violenze e di degrado. Il marito è morto per overdose e la donna, oltre ad abusare di sostanze, manifesta problematiche psichiatriche, tant’è che è stata ricoverata innumerevoli volte. Così si è intervenuti sui due fronti: affidare la madre ad un supporto specializzato e di cura e ricollocare la minore presso una casa famiglia. Mentre è in corso un’inchiesta sulle violenze.