Attualità

Paderno Dugnano. Il disagio nascosto dietro la strage in famiglia: le parole del figlio

Simone Marcer lunedì 2 settembre 2024

La casa in via Anzio a Paderno Dugnano dove è avvenuta la strage

Biogna forse tornare indietro a Novi Ligure per trovare un caso simile. Ma Erika e Omar erano una coppia che ha autoalimentato la furia omicida. E un superstite, un padre che ha continuato ad amare la figlia e ad aspettarla, l'hanno lasciato. Riccardo C., di Paderno Dugnano, invece era da solo quando ha ucciso tutti, e non ha lasciato scampo a nessuno.

Ha ucciso il fratellino Lorenzo, di 12 anni, la madre Daniela, di 48 anni (proprietaria di un negozio di intimi a Cinisello), e il papà Fabio (costruttore), 51 anni festeggiati la sera prima. L'ha fatto perché non si sentiva una parte della famiglia né di alcunché. «In questa famiglia mi sentivo un estraneo», ha detto. «Anche con gli amici, mi sentivo un corpo estraneo». «Mi sentivo oppresso, dovevo liberarmi. Dovevo risolvere il problema». Sono le spiegazioni che ha dato agli investigatori dei carabinieri e alla pm dei minori. Ammesso che sia una spiegazione.

Altri motivi apparenti non ce ne sono: niente droghe, non risultano precedenti episodi di violenza, rendimento scolastico buono, a parte un debito di matematica preso quest'anno, al liceo scientifico cittadino («Ma non è per quello», assicura lui), la passione per la pallavolo, «ragazzo a posto», dicono gli amici, amato dalla sua famiglia (una famiglia benestante), dicono la nonna e lo zio, che l'altra sera hanno visto il papà Fabio spegnere le candeline del 51esimo compleanno. Era un introverso, un isolato, come lui stesso ha lasciato intendere nella sua confessione? No, neanche. Giocava in squadra a pallavolo ed era benvoluto dagli amici. E poi c'è l'album della famiglia felice: lui, il fratello maggiore al timone della barca a vela con il papà alla sua destra e il fratellino che lo guarda seduto nel pozzetto, le vacanze al mare e la gita, tutti insieme in gondola a Venezia.

La chiamata è arrivata al 112 nel cuore della notte; era stato lui stesso a chiamare per dire che padre, madre e fratellino erano morti. I carabinieri trovano il fratellino nel letto, colpito da una dozzina di coltellate, la madre accovacciata per terra e il padre sull'uscio della cameretta. Il giovane ha raccontato di aver ucciso il padre a colpi di coltello perché l'aveva sorpreso che aveva appena ucciso la mamma e il fratellino, che l'ha trovato seduto, gli ha preso il coltello e lo ha ucciso. Ma agli investigatori, coordinati dalla pm Sabrina Ditaranto della procura dei minori di Milano è bastato un attimo a capire che quella versione non era verosimile. Il padre alto un metro e ottantacinque, atletico e ben piazzato che si fa sopraffare così, con il ragazzino che non si fa neanche un graffio sul corpo.

Per diverse ore Riccardo prova a sostenere la sua versione, poi, si chiude in un silenzio catatonico, infine, prima di essere trasferito nel carcere Beccaria di Milano (dove domenica c'è stata l'ennesima ricolta dei giovani detenuti, con un tentativo di evasione) racconta come sono andate le cose: come ha aspettato che andassero a letto e si addormentassero, quando è sceso nella cucina della villetta per prendere un coltello dal ceppo, come si è avventato sul fratellino, la madre che si è svegliata prima ed è corsa in camera loro ed è stata la prima a essere colpita, il padre, anche lui abbattuto sulla soglia della stanza.

Anche dopo la confessione gli investigatori hanno verificato che non fosse stato aiutato da qualcuno, ma gli allarmi non erano scattati, non c'erano impronte di estranei in casa. Era tutto solamente nella testa di questo ragazzo. Una stanza sprangata.

Nessun movente nemmeno per gli investigatori, che nella mattinata di lunedì hanno tenuto una conferenza stampa in Tribunale a Milano. Un lunghissimo intervento, nel quale la pm Sabrina Ditarnto ha confermato che l'adolescente non aveva espresso alcun disagio particolare nei giorni precedenti, o durante la festa di compleanno del padre. Aveva preso per la prima volta una materia a settembre ma il suo "malessere interiore" che lo faceva pensare all'omicidio, "all'uccidere in generale", non troverebbe spiegazione in questo esame, che non ha fatto in tempo a dare. "Ultimamente sentiva musica molto triste - ha detto Ditaranto - e, contrariamente a una carriera scolastica brillante, l'anno trascorso aveva preso una materia a settembre, matematica. Ma anche questo particolare, a suo dire, non sarebbe stato prevalente nel suo disagio generale". Per capirlo meglio, oltre ai colloqui psicologici previsti dall'ordinamento penale per i minorenni, gli investigatori scaveranno tra i suoi dispositivi elettronici, i suoi giochi e le sue chat. "Il perché è la grande domanda di questo caso, ma è anche la risposta più difficile da raggiungere. Dal punto di vista giudiziario non abbiamo un movente tecnicamente inteso, dal punto di vista sociologico sono aperte più strade. Anche lui non si dà una spiegazione logica", ha continuato la procuratrice del tribunale dei minorenni. "I giovani manifestano un malessere importante soprattutto negli aspetti che riguarda la socialità e purtroppo possiamo fare molto poco perché non possono rivolgersi direttamente a un consulto psicologo o psichiatrico". Il giovane è sembrato lucido e pacato, e sta prendendo consapevolezza di quanto ha confessato.