La storia. Otto anni per uscire dal tunnel
«Bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto perché da soli è impossibile uscirne. Ma non dev’essere troppo tardi perché più tempo passa e peggio diventa». È l’appello di Giovanni Amato, che «per ben otto anni » è «caduto nel vizio del gioco d’azzardo. Il male, le tenebre si erano impossessate di me». Tiene per mano la moglie Giovanna, «un angelo che, nonostante le sofferenze provate, mi restava vicino e pregava tanto per me affinché il Signore mi donasse la luce». Giovanni, 62 anni, napoletano, racconta le sue tenebre e la sua luce a Formia, in occasione della «Giornata del buon gioco. L’azzardo non è un gioco» promossa dalla Caritas della diocesi di Gaeta, di concerto con la Consulta diocesana delle Aggregazioni laicali e l’associazione Libera (Presidio Sud Pontino) e con il patrocinio del Comune di Formia e della Provincia di Latina.
Ad introdurre l’incontro il sindaco Sandro Bartolomeo e l’arcivescovo di Gaeta monsignor Luigi Vari, che denunciano la piaga dell’azzardo. Il primo cittadino conferma l’impegno dell’amministrazione malgrado lo stop del Tar del Lazio al regolamento su orari e distanze dai luoghi sensibili: «Siamo in attesa del ricorso al Consiglio di Stato e comunque abbiamo pronto un nuovo provvedimento». Monsignor Vari sottolinea l’impegno della diocesi contro l’azzardo e invita «a fare rete per combattere questo dramma». Un invito che fanno anche don Alfredo Micalusi, incaricato della Caritas, e don Francesco Fiorillo, responsabile della pastorale giovanile: «L’azzardo è contro la vita».
Lo confermano le parole di Giovanni che racconta il suo calvario familiare: «Ho cominciato a vivere nell’affannosa ricerca di denaro, facendo debiti con usurai e colleghi di lavoro. Mi sono ritrovato a falsificare le buste paga e i timbri postali per pagare le bollette e altro. Ero in preda alle menzogne per non crollare e essere scoperto ». Ma Giovanni grazie al suo 'angelo' ce l’ha fatta e ora lancia il suo appello: «Tanti si chiudono in se stessi come facevo io, invece bisogna aprirsi. Chiedete aiuto, istituzioni e associazioni si stanno dando da fare, fidatevi. Prima che sia troppo tardi».