Attualità

Il racket. Non finirà: 600 eritrei pronti a partire

Paolo Lambruschi giovedì 12 febbraio 2015
Almeno 600 eritrei chiusi in un capannone nel porto di Tripoli in condizioni inumane, pronti a partire da stasera. Saranno costretti con le armi da trafficanti senza scrupoli a prendere il largo verso Lampedusa con qualunque condizione del tempo e del mare. Nel gruppo ci sono uomini, ma soprattutto minori e molte donne con neonati.Rischiano dunque di ripetersi nelle prossime ore le tragedie del mare di questi giorni. Lo denuncia don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo cappellano in Svizzera che da anni aiuta i profughi che cercano di attraversare il Mediterraneo. «Sono in contatto con alcuni profughi rinchiusi da almeno una settimana – rivela il prete, che staserà dialogherà con Pierluigi Malesani, esperto di Mediterraneo, a Vinci per "Vincincontri" –, ma le comunicazioni sono difficili perché sono riusciti a conservare un solo cellulare, mentre gli altri sono stati requisiti dai miliziani quando sono arrivati a Tripoli». Le condizioni igienico sanitarie dentro il capannone sono pessime. Non ci sono infatti bagni e ai profughi non è consentito uscire.«Sono prigionieri dei miliziani – prosegue il sacerdote eritreo, presidente dell’Agenzia Habeshia  – che controllano tutta la capitale. Nelle ultime telefonate mi hanno detto di non riuscire più a sopportare la tremenda puzza e la situazione di degrado nel capannone e di essere disposti a partire in qualunque momento. Comunque i miliziani non lasciano loro scelta. hanno già incassato i 1800 dollari della tratta da Tripoli all’Italia e hanno fretta di liberarsene. Mi hanno detto che potrebbero imbarcarli già stasera sui gommoni. Li considerano alla stregua di merce, non esseri umani. Ci sono molte donne con neonati e molti minori di 16 e 17 anni nel capannone del porto. Con questo mare e il freddo e senza i controlli che faceva Mare Nostrum, il rischio che si ripetano altre tragedie è molto alto». Chi sono questi trafficanti privi di scrupoli? La capitale libica e la Tripolitania sono in mano alle milizie islamiste che si contrappongono al governo democratico che ha sede a Tobruk. Sono loro a prendersi in carico per l’ultimo tratto i migranti in arrivo da altre bande in un paese dove molti hanno un’arma e il traffico di esseri umani vale il 10% del pil libico. Dalla scorsa estate il collasso del Paese ha provocato la chiusura per mancanza di fondi dei centri di detenzione per migranti e la fine del controllo dell’imigrazione illegale. Ma nell’imminenza di un accordo tra islamisti e governo legittimo, che vengono pressati dall’Occidente per stringere un’alleanza contro i jihadisti del Califfato di Derna - che frenerebbe inevitabilmente le partenze - è partita quindi una sorta di corsa infernale ad ammassare i profughi nella capitale e a farli partire per incassare più soldi possibile. Ecco spiegate le partenze in serie di questi giorni con mare proibitivo e temperature rigide. E il serbatoio di passeggeri delle carrette del mare è ancora pieno.«Gli ultimi arrivati a Tripoli – conferma Zerai – mi hanno detto di aver viaggiato in camion coperti e che, nelle varie tappe per raggiungere Tripoli dal Sudan, hanno visto migliaia di eritrei, etiopi, sudanesi spiaggiati nel deserto, in attesa che la famiglia versi ai trafficanti la rata che consentirà loro di ripartire verso la costa. Il viaggio da Omdurman, la città sudanese gemella di Khartoum dove inizia il commercio di esseri umani, alle coste italiane vale 5000 dollari. Ma nonostante i rischi e i costi, i sequestri lungo la rotta e le centinaia di morti in mare, non si fermerà il flusso della disperazione che cerca futuro in Europa.