Attualità

50 anni di Avvenire. 1989 - Mandela-De Klerk, e in Sudafrica tramonta l'apartheid

Antonio Giorgi mercoledì 4 luglio 2018

Pattuglie di poliziotti per le strade di Soweto, a Johannesburg

Nei suoi 50 anni di vita questo giornale ha vissuto molti passaggi importanti che ne hanno segnato l’esistenza; quello del 1989 rimarrà tra i più significativi. A fine aprile, il giorno 29 per l’esattezza, si insedia il nuovo Consiglio di amministrazione della società editrice, la Nuova Editoriale Italiana. Non è un passaggio formale: l’insediamento coincide con la presa in carico del giornale da parte della Conferenza episcopale italiana, che ne diventa proprietaria a tutti gli effetti. Contestualmente viene nominato il nuovo presidente nella persona di monsignor Dionigi Tettamanzi, dal primo ottobre successivo arcivescovo metropolìta di Ancona-Osimo.

Il cambiamento dell’assetto societario imprime al giornale nuovo vigore, e ce n’è bisogno: l’89 apre una fase di grandi accadimenti a livello internazionale, che Avvenire seguirà con diligente puntualità. Non che delle cose italiane ci sia poco da raccontare: i disordini a Napoli il 3 gennaio contro la chiusura degli impianti siderurgici di Bagnoli (ci sono in ballo 13mila posti), ad esempio. O i congressi della Dc a febbraio con l’arrivo di Forlani alla segreteria (22 febbraio), del Pci a marzo (Occhetto propone un «rinnovamento radicale») e del Psi a maggio, che decreta la fine del governo De Mita al quale succederà a luglio il sesto governo Andreotti. I tre partiti principali dello schieramento politico si confermano sostanzialmente stabili alle elezioni europee del 18 giugno.

Di fatti del fronte estero la cronaca ha tanto da scrivere. Il 23 febbraio le truppe sovietiche concludono il rientro dall’Afghanistan, mettendo fine a un’impresa militare che ha prodotto il solo risultato di lasciare spazio agli studenti islamici, i cosiddetti taleban. Mentre alla Casa Bianca si insedia (20 gennaio) il nuovo presidente George H. Bush, qualcosa si muove anche in America latina, in quel Paraguay isolato, fuori mano, dove dal 1954 è al potere un signore che si chiama Alfredo Stroessner. Ebbene, il 3 febbraio un colpo di Stato, un golpe, come si dice in lingua spagnola, insedia alla presidenza il generale Andrès Rodriguez. La primavera apre le porte a inattesi sviluppi in Polonia; il 17 aprile il sindacato Solidarnosc di Lech Walesa viene riconosciuto dal potere e può lavorare alla luce del sole.

Spostiamoci in Asia. Nella prima settimana di marzo assistiamo a violente manifestazioni anti-cinesi in Tibet, dove il tallone di Pechino schiaccia ogni forma di dissenso. Per inciso: il 5 ottobre il Dalai Lama riceverà il Nobel per la pace. Ma il dissenso è contagioso, nel giro di un paio di mesi raggiunge la stessa capitale; qui tra il 13 e il 29 maggio sono soprattutto gli studenti a protestare contro un potere monolitico e oppressivo. Sulla piazza Tien an men la protesta è soffocata nel sangue, ma l’immagine di quel ragazzo che a braccia alzate, del tutto inerme, cerca di bloccare l’avanzata dei carri armati fa il giro del mondo. Un pessimo biglietto da visita per un governo che cerca di accreditarsi come portatore del nuovo sia all’interno della Cina sia a livello dei rapporti con la comunità internazionale. Restiamo in Estremo Oriente prima di passare in Africa. Il 3 gennaio si è spento a Tokyo l’imperatore Hirohito, che dopo la disastrosa sconfitta del 1945 ha avuto il coraggio di parlare alla radio confessando di fatto ai sudditi di non essere il figlio del cielo ma un uomo come tutti gli altri. In un’Asia più vicina a noi, in Iran, il 3 giugno muore l’ayatollah Khomeyni, 89 anni, un lungo esilio a Parigi, un ruolo di primo piano a Teheran dopo la cacciata dello scià.

L’Africa, dicevamo: il 14 settembre a Pretoria il nuovo presidente del Sudafrica Frederik De Klerk si pronuncia per l’abolizione dell’odioso sistema dell’apartheid, e il 13 dicembre non esiterà a incontrare Nelson Mandela, il leader dell’African National Congress appena liberato dal carcere. Se il mondo cambia rapidamente (il 7 novembre New York si dà il suo primo sindaco di colore, David Dinkins), altrettanto fa l’Europa. Cade il Muro, ma già prima, il 6 luglio, parlando a Strasburgo, Gorbaciov aveva detto di vedere l’Europa come «una casa comune». Il cancelliere tedesco Helmut Kohl coglie la palla al balzo e il 28 novembre annuncia il varo di un piano per la riunificazione delle due Germanie.

Ancora in Italia: il 17 agosto viene ucciso a Reggio Calabria l’ex presidente di Fs Ludovico Ligato; il 24 ottobre entra in vigore il nuovo Codice di procedura penale.

Tra il 19 e il 20 agosto 600 mila ragazzi di tutto il mondo si ritrovano a Santiago di Compostela per la Giornata mondiale della gioventù. Presente, ovviamente, papa Wojtyla.


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