Il caso. Prosegue l'odissea dei 40 migranti bloccati in mare al largo della Tunisia
A bordo della Sarost 5, da 10 giorni in alto mare con 40 migranti
Una delle due imbarcazioni dell’Ong Open Arms si sta avvicinando all’area in cui sosta la nave Sarost 5, che da quasi dieci giorni ha a bordo 40 migranti e a cui non è consentito l’ingresso nel porto tunisino di Zarzis ne gli è stata assegnata una destinazione alternativa.
La Spagna potrebbe accogliere i naufraghi, tratti in salvo dalla nave commerciale dopo cinque giorni alla deriva, se questi venissero trasbordati sulla nave delle Ong. Un’ipotesi che il comandante della Sarost potrebbe rifiutare, preferendo un definitivo approdo in Tunisia in modo da non creare un precedente per le navi civili che si trovassero a soccorrere altri migranti e che rischierebbero di restare lontano dai porti fino a quando una Ong non si recasse a togliere le castagne dal fuoco ai governi nordafricani e a quello maltese, nella cui area di ricerca e soccorso si era svolto il salvataggio.
«Ci troviamo di fronte a un grande problema», ha detto il capo della Mezzaluna Rossa di Medenine all’agenzia di stampa tunisina Tap, aggiungendo che «i migranti sono stati recuperati nella Sar maltese e fino a ora non è stata concessa loro l’autorizzazione di entrare nel porto tunisino di Zarzis. Sono esausti, è necessaria una soluzione immediata».
A bordo ci sono una quarantina di migranti provenienti da Egitto, Mali, Nigeria e Bangladesh, tra i quali due donne incinte: una già al sesto mese che ha bisogno di assistenza, e una di poche settimane, nonché un uomo ferito che necessita di cure mediche. A terra è sempre pronta la macchina dei soccorsi (Unhcr, Oim e Mezzaluna rossa) nel caso in cui il governo dovesse autorizzare lo sbarco.
I migranti hanno chiesto garanzie circa la possibilità di presentare domanda d’asilo, ma al momento le autorità tunisine non hanno fornito alcuna risposta e il rischio, per la gran parte di essi, è di venire rimpatriati o riaccompagnati in Niger.
«Non vogliamo il cibo, né l’aiuto di nessuno, solo una soluzione», ha detto il capitano della nave, aggiungendo che «se qualcuno muore sarà responsabilità del governo». Per allegerire l’equipaggio dalla pressione e dalla fatica (il cibo scarseggia e i marinai dividono le vivande rimaste con i migranti) era stata proposta una staffetta per un cambio d’equipaggio: «Alcuni sono in mare da più di 50 giorni, ma hanno deciso di rimanere. Abbiamo iniziato insieme e finiremo insieme».