25 aprile. Meloni: la fine del fascismo pose le basi per la democrazia
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni all'Altare della Patria per la celebrazione del 25 aprile
Sergio Mattarella in piedi. Guido Crosetto, il ministro della Difesa, è al suo fianco. I militari suonano l'inno nazionale. La cronaca è scarna. Le telecamere sui fermano sull'Altare della Patria. Sul capo dello Stato che posa una corona di alloro al sacello del Milite ignoto. Ci sono tutte le cariche istituzionali. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, quello della Camera Lorenzo Fontana e quello della Corte costituzionale Augusto Barbera. Mattarella si è ferma davanti al monumento al Milite ignoto. Un momento di raccoglimento mentre viene intonato il Silenzio. Le due facce della festa della liberazione.
Quasi alla stessa ora a Piazzale Ostiense a Roma le prime tensioni. C'è il corteo della Brigata ebraica che urla verso verso il presidio dei movimenti palestinesi. «Terroristi». «Assassini». I due gruppi si avvicinano. Un cordone della polizia li divide mentre la Brigata ebraica depone corona di fiori. Poi nuovi piccoli scontri e un lancio di sassi da parte della Brigata ebraica contro i cronisti. Parte male questo 25 aprile. Ma le tensioni sono state ampiamente previste dal Viminale che solo nella capitale schiera 600 agenti.
È l'Anniversario della Liberazione. È il giorno delle piazze della Liberazione. Dei cortei. Delle parole. Giorgia Meloni batte un colpo che fa titolo: «Nel giorno in cui l'Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari. Quelli di ieri, che hanno oppresso i popoli in Europa e nel mondo, e quelli di oggi, che siamo determinati a contrastare con impegno e coraggio. Continueremo a lavorare per difendere la democrazia e per un'Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà», scrive sui social la premier. Poi il presidente della Camera, Lorenzo Fontana: «Sono pienamente antifascista e la Resistenza è un valore che fa parte della storia del nostro Paese. Il mio pensiero va anche ai tanti cattolici che ne hanno fatto parte, dando un contributo fondamentale nella lotta di liberazione. L'antifascismo si vede poi dai fatti, dalle azioni che si compiono nella vita di tutti i giorni, dal rispetto del pluralismo delle idee e dai valori che si trasmettono ai propri figli».
Alle nove di mattina la cronaca è ancora scarna. Il capo dello Stato dopo l'altare della Patria si sposterà in Val di Chiana per commemorare la strage di ottant'anni fa. A Milano con le opposizioni ci sarà la segretaria del Pd Schlein e lo scrittore Scurati, a Roma il papà di Ilaria Salis. Il ministro della Cultura Sangiuliano ricorda come il 25 aprile è memoria di tutti gli italiani e si ferma su una data: 19 settembre 2019. Quel giorno il Parlamento europeo «approvò una risoluzione con 535 voti a favore nella quale si enuncia, a chiare lettere, una netta condanna tanto del nazismo quanto del comunismo. Dunque, l'Europa nasce come risposta alle due barbarie». Ognuno sceglie il suo 25 aprile. «Ho scelto di presentare oggi il mio libro, qui a Milano, perché uscirà in libreria il 30 aprile e nei prossimi giorni starò con mia figlia, oltre al fatto che per me oggi è una giornata di memoria, ma anche di lavoro, così come lavorerò il 1 maggio senza per questo che, spero, nessun sindacalista si offenda», dice il vicepremier Matteo Salvini, a margine della deposizione delle corone di alloro al Sacrario dei Caduti di Milano. Poi a chi gli chiede se il fatto che la presentazione avvenga a 100 metri dal corteo non sia una provocazione, Salvini risponde: «Questa domanda è una provocazione. Il corteo farà il corteo, ricorderà la liberazione dalla violenza, mi auguro che sarà un corteo non violento, che non ci siano aggressioni e polemiche, che non ci siano attacchi alla Brigata ebraica e che non ci siano scritte o imbrattamenti sulle vetrine, né provocazioni alle forze dell'ordine perché altrimenti vuol dire che qualcuno non ha capito il senso della giornata».