Roma. «Legami con il jihad», 10 indagati a Roma
Dopo l’allarme suscitato dai fatti di Parigi, e in attesa delle nuove norme anti foreign fighters annunciate dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, le procure italiane e gli organi investigativi provano a stringere sul piano giudiziario alcune inchieste già in corso su presunte frange jihadiste attive nel territorio nazionale. Una, aperta due anni fa dalla procura di Roma (e perciò slegata dalle vicende attuali) è stata condotta dai carabinieri del Ros e riguarda una decina di cittadini stranieri di fede islamica, residenti a Roma ma anche nel Nord Italia e ora iscritti nel registro degli indagati per il reato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo. L’inchiesta è suddivisa in diversi fascicoli, perché non si tratterebbe di una “cellula”, ma di diversi “cani sciolti”, che avrebbero agito ciascuno per proprio conto. Gli investigatori sono giunti a loro attraverso un meticoloso monitoraggio del Web. E gli accertamenti disposti dal pool di pm coordinati dal procuratore Giuseppe Pignatone e dall’aggiunto Giancarlo Capaldo riguarderebbero sia gli accessi a siti con proclami jihadisti e propaganda in favore del Califfato dell’Is che alcuni dialoghi effettuati via Web in cui gli indagati avrebbero manifestato propensioni integraliste. Superprocura presso la Dna. Pignatone, insieme ai capi delle principali procure italiane (fra gli altri Bruti Liberati di Milano, Salvi di Catania, Alfonso di Bologna, Spataro di Torino, Colangelo di Napoli), ha partecipato ieri sera alla riunione convocata presso il ministero della Giustizia dal Guardasigilli Andrea Orlando e alla quale hanno preso parte anche Alfano, il procuratore generale di Cassazione Gianfranco Ciani e il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Fra le due ipotesi in ballo (l’istituzione di una superprocura antiterrorismo o la sua collocazione all’interno della Direzione nazionale antimafia), si è scelta la seconda via: «È emersa l’unanime esigenza di un coordinamento – riassume Orlando –. La convinzione che prevale è che si possa realizzare non con un nuovo organismo ad hoc, ma presso la Dna», ma probabilmente con la nomina di un apposito procuratore. Esiste già un disegno di legge presentato alla Camera dal’ex pm Stefano Dambruoso (Sc), ma il governo pare intenzionato a procedere in proprio: «Non si esclude la via del decreto, ma il governo ha intenzione di presentare un suo testo autonomo», precisa il Guardasigilli. Mentre Alfano ha assicurato che è pronto «a presentare il pacchetto di misure antiterrorismo al prossimo Consiglio dei ministri». Sale la vigilanza. Il sottosegretario ai Servizi, Marco Minniti, ha annunciato un piano per potenziare l’intelligence. Le prefetture stanno rimodulando la sorveglianza degli oltre 10mila «obiettivi sensibili»: istituzioni, luoghi di culto e monumenti, ambasciate, stazioni e aeroporti. A Roma, davanti a Palazzo Chigi, c’è un maggior numero di agenti.Mancano 2.300 giubbotti. I nuovi dispositivi prevedono l’uso delle protezioni in kevlar per gli agenti di guardia. Ma il segretario del sindacato di polizia Silp-Cgil, Daniele Tissone, segnala come a dicembre siano «andati in scadenza ben 10mila giubbotti antiproiettile forniti nel 2004» e restino «soli 9.733 dispositivi di protezione individuale al momento validi». Il Viminale, aggiunge, ha ricalcolato il fabbisogno a quota 12mila ma «permane una differenza negativa per il 2015 di ben 2.300 giubbotti».Tre inchieste a Milano Sono almeno tre le inchieste aperte a Milano su presunti fondamentalisti islamici. E due di queste indagini, in particolare, vedono al centro alcune donne: in un fascicolo è racchiusa la vicenda di Maria "Fatima" Giulia Sergio, una giovane di 27 anni di origine campana partita nei mesi scorsi per andare a combattere in Siria, mentre in un altro procedimento è coinvolta una donna di origine straniera che attualmente si troverebbe in Medio Oriente.Intanto, ieri pomeriggio al quarto piano del Palazzo di Giustizia nell’ufficio del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli si è tenuto un vertice, durato un paio d’ore, tra i pm dell’antiterrorismo e gli investigatori. «Non c’è alcuna emergenza milanese», ha voluto chiarire Romanelli ai cronisti, spiegando anche che la riunione era stata convocata la mattina del 7 gennaio scorso, prima degli attentati di Parigi.Il vertice in Procura Un incontro che è servito a fare il punto sulle indagini aperte per i reati di «associazione con finalità di terrorismo anche internazionale» e di «arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale». Il fascicolo più risalente nel tempo, e che si avvia verso la chiusura, è quello in cui risultano indagati una decina di siriani, residenti da anni tra Cologno Monzese e Milano. Tra loro, Haisam Sakhanh, il presunto capo del gruppo che avrebbe reclutato combattenti e che è partito nel 2012 per la Siria, assieme ad altri, per la guerra contro Assad. Un’altra indagine, invece, vede coinvolta Maria Giulia Sergio, nata a Torre del Greco (Napoli) e che ha vissuto ad Inzago (Milano) e in Toscana.Si è convertita all’islam assieme a tutta la famiglia (madre, padre e sorella), ha preso il nome di Fatima Az Zahra e ha sposato prima un marocchino e poi un albanese. Nel frattempo, ha intrapreso un percorso di radicalizzazione che l’ha portata, lo scorso settembre, a prendere un aereo da Roma diretto verso la Turchia. Attraversato il confine, sarebbe poi entrata in Siria per combattere a fianco degli integralisti dell’Is. «Allahumma rinsalda le nostre gambe e dacci la vittoria su miscredenti», scriveva la donna su Facebook nel 2010.Ancora una donna, stavolta di origine straniera, infine, sarebbe coinvolta in un’altra indagine del dipartimento antiterrorismo. E si troverebbe anche lei in Medioriente. Oltre a pedinamenti, al contributo di fonti confidenziali e al monitoraggio sul web, la Procura si sta avvalendo negli ultimi mesi di intercettazioni «preventive» per «verificare ipotesi di terrorismo individuale, nonché le segnalazioni, provenienti da svariate fonti, relative all’adesione-partecipazione allo stato islamico».