Tutto come previsto. La Commissione Europea ieri ha presentato ufficialmente le proposte in cifre della sua Agenda europea per la migrazione, per il ricollocamento in due anni di 40mila rifugiati da Italia e Grecia (rispettivamente 24mila e 16mila) confermando che si tratterà di persone siriane ed eritree. Una decisione d’emergenza fondata sull’articolo 78.3 del trattato Ue che, ha spiegato il commissario europeo alla Migrazione Dimitris Avramopoulos, corrisponde a una «solidarietà minima». A questo si aggiunge la raccomandazione (non vincolante) di reinsediare nell’Ue 20mila profughi ora in Paesi terzi (l’Italia dovrebbe accoglierne 1.989).Per la ripartizione dei profughi già presenti, fonti comunitarie ammettono che in un primo tempo la Commissione pensava di applicarla solo ai profughi giunti in Italia dal momento dell’entrata in vigore della nuova normativa, ignorando dunque tutti quelli già presenti. L’Italia ha protestato e così la Commissione ha deciso di far partire il conto dal 15 aprile, in modo da coprire almeno una parte di quanti sono già arrivati. Starà a Italia e Grecia stabilire poi se i migranti rientrino nella categoria dei più bisognosi di tutela e, caso per caso, in quali Paesi dovrebbero esser trasferiti, d’intesa con ufficiali di collegamento dei singoli Stati membri. Ecco perché Italia e Grecia dovranno presentare, entro un mese, un piano per migliorare il procedimento di identificazione e prelievo delle impronte digitali, pena la sospensione del meccanismo. «Monitoreremo che l’Italia e la Grecia applichino le regole», ha avvertito Avramopoulos. Cruciali saranno gli
hotspot, centri di identificazione con l’ausilio di funzionari Ue. I Paesi di destinazione non potranno opporsi (se non per fondate ragioni di pubblica sicurezza), ma starà poi a loro decidere se concedere l’asilo.La palla passa ora agli Stati. Al consiglio dei ministri dell’Interno del 16 giugno a Lussemburgo una maggioranza qualificata non è scontata. Gran Bretagna, Danimarca e Irlanda, che godono di un’esenzione in materia, non dovrebbero partecipare al voto, ma sul piede di guerra restano le repubbliche baltiche, la Polonia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia. Decisive saranno dunque la Francia – che nei giorni scorsi aveva espresso perplessità sulle quote – e la Spagna. Il negoziato, secondo fonti Ue, sarà sostanzialmente sui criteri usati per la "chiave" di redistribuzione (Pil, dimensioni, disoccupazione, rifugiati già presenti): secondo lo schema previsto, dei 24mila profughi che lasceranno l’Italia, 4.051 dovranno andare in Francia, 5.258 in Germania, 2.573 in Spagna. Parigi chiede che nel calcolo si dia più peso ai rifugiati già ospitati, Madrid alla disoccupazione. E ieri il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve in un comunicato non ha più contestato l’idea di cifre obbligatorie, ma ha detto che Parigi si batterà per un ritocco dei criteri, e per una maggiore certezza delle procedure di identificazione, al pari di espulsioni più rapide di quanti non hanno diritto all’asilo. I quali, ha detto anche il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans, «devono ritornare in patria al più presto». La cifra totale, invece, per la Commissione non è negoziabile. «Ricollocando meno di 40mila persone – ha detto Avramopoulos – non si aiuterebbe Italia e Grecia, mentre una cifra superiore non è accettabile per vari Stati membri».Ieri il piano ha visto il sostegno del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in visita ufficiale a Bruxelles. «Un passo nella direzione giusta», ha commentato, invitando tutti gli Stati membri a dire sì. Ban ha invece mostrato dubbi sulla missione contro i barconi. «Le operazioni militari – ha detto – hanno efficacia limitata. Ci sono forse metodi migliori». Del resto, la crisi va affrontata anche oltre. «Stiamo intensificando la nostra cooperazione con i Paesi di origine e transito – ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini – anche per affrontare alla radice le cause che spingono tanti a migrare».