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Intervista. Zucchero: «Io, partigiano della musica. Il post di Vasco? Ha fatto bene»

Massimiliano Castellani venerdì 8 novembre 2024

Zucchero “Sugar” Fornaciari l'8 novembre esce con il nuovo album di cover “Discover II”

«Da bambino abitavo in un paese di 700 abitanti, Roncocesi (Reggio Emilia), e di fronte a casa mia per la festa di San Biagio arrivava lo spettacolo più atteso dell’anno, il “calcinculo”. Ma io non avevo i soldi per salire su quella giostra e allora mi accontentavo di guardare girare gli altri e intanto ascoltavo la musica che usciva dagli altoparlanti. Le canzoni dei Nomadi, dell’Equipe 84… ma la magia fu quando iniziarono a mettere su i dischi di Ray Charles, Otis Reding, Wilson Pickett… A quel punto chiusi gli occhi e dissi a me stesso: questa è la mia musica. E quando a 13 anni iniziai a suonare il sax tenore in una band locale, il soul, il blues e quella sonorità che arrivavano dall’America sentivo che sarebbero diventate parte della mia musica e quindi della mia vita». Piccolo e nostalgico amarcord del 69enne Zucchero “Sugar” Fornaciari, il nostro artista più internazionale, che cappellino in testa, camicia e jeans grunge da eterno bluesman della via Emilia (i geni del cantautorato arrivano tutti da lì: Guccini, Nomadi, Vasco Rossi, Ligabue, Capossela…) incontriamo per parlare del suo nuovo album di cover, Discover II (Emi - Universal): 13 brani in formato standard e 5 bonus track, che fanno da preludio al prossimo tour estivo negli stadi, "Overdose d'amore". Discover II si ascolta d'un fiato e si legge un po’ un diario di ricordi musicali che esce cinque anni dopo Discover I.

Un diario di bordo di 18 canzoni immaginiamo accuratamente selezionate.

«Tra Discover I e quest’ultimo Discover II ho dovuto scremare da una lista di circa cinquecento canzoni. Queste che ho scelto sono quelle che avrei tanto voluto scrivere io, perché ne riconosco il gusto e lo stile, anche se sono di artisti differenti tra di loro, ma per un motivo o per l’altro mi ci rivedo e le sento mie, dalla prima all’ultima».

La prima, Amor che muovi il Sole, sembra una preghiera buona da recitare per i giorni nostri.

«E infatti un po’ è così, anche se lo è diventata. L’originale dei The Killers mi aveva gasato musicalmente ma il testo non rispecchiava affatto la musica. Allora gli ho chiesto il permesso e l’ho riscritta in italiano. Il testo ora dà il senso del tempo che viviamo in cui c’è qualcosa che non va, perché l’uomo si sente schiacciato, è “figlio di un dio minore”».

Il bluesman Zucchero rispolvera Inner city blues di Marvin Gaye che fa pensare a quest’America confusa tornata sotto il dominio di Donald Trump, ma anche alle tante guerre in corso nel mondo.

«Il testo di Marvin Gaye è quanto mai attuale. A volte penso a quanti concerti ho tenuto nei luoghi di guerra dove prima almeno regnava una pace apparente. Rivedo tante belle serate nei teatri di Mosca, San Pietroburgo, a Odessa, a Kiev, al Festival di Baalbek nel deserto libanese davanti allo splendido tempio di Giove, e a un concerto di tanti anni fa a Tel Aviv… Non so cosa pensare davanti a tanto odio, provo un gran dispiacere e ho grandi dubbi sul futuro che è nelle mani di questi potenti senza cuore».

Vasco Rossi ricordando suo padre Carlino, deportato nel lager nazista di Dortmund, ha parlato di ritorno dei fascisti come di "lupi travestiti da agnelli”. Ma è stato sbranato lo stesso dal mondo social e dalla pubblica ottusità.

«Vasco ha fatto bene a dire quello che pensa. Basta con sta' storia del “canta e stai zitto”, ma stiamo scherzando... Questo è un governo brutto e sono molto preoccupato per la cultura. Non tanto perché hanno cambiato due ministri, ma perché sono gli stessi che tagliano i soldi al cinema e alle arti in generale e poi mandano la notizia della tibia dell’antico romano ritrovata a a Pompei la sparano sui telegiornali di Stato a reti unificate. Cosa direi ai nostri governanti? Gli canterei la mia Partigiano Reggiano che è una canzone che dice tutto del mio pensiero. È un brano che parla anche da quella casa che si vede passando sull’autostrada dove sul muro si legge la scritta "Partigiano Reggiano". Oh, qualche anno fa volevano demolirla, per fortuna che il sindaco di Reggio Emilia si è opposto ed è ancora lì».

Le cose belle e giuste sopravvivo come l’Agnese di Ivan Graziani che rimanda alla sua giovinezza, a quegli anni '70 e i primi anni ’80 che in Discover II rivivono nelle melodie di Sailing di Christopher Cross e Moonlight Shadows di Mike Oldfield, e quest’ultima la canta in coppia con sua figlia Irene.

«Quel disco con il fenicottero in copertina è fantastico. Purtroppo Christopher Cross dopo un paio di album almeno qui in Italia non si è più quasi sentito e mi sembrava giusto riproporre un pezzo di quella bella musica che ha fatto. Moonlight Shadows è un gran brano e Irene lo canta alla grande e forse meriterebbe di diventare un singolo... Io cerco di essere sempre obiettivo, in musica non perdono né i miei musicisti e neanche me stesso, o ci sei o non ci sei. Irene c’è, e non parlo da padre, anzi a volte sono stato fin troppo severo con lei che invece ha dimostrato di possedere un talento naturale. Purtroppo paga il fatto di essere figlia d’arte, certo, ma anche di avere un carattere bello, puro. Irene non appartiene a quest’ultima generazione dove vedo tante macchine da guerra, dalla cura dell’immagine al marketing».

Della nuova tribù dei rapper d’assalto fa parte anche Salmo, scelto per condividere, con quello che considera il suo "Maestro", Overdose d’amore.

«Io non ho il paraocchi sul mondo rapper e e spesso l’Universal mi ha proposto dei brani con alcuni di loro, ma se io in una canzone non ci metto l’anima non la faccio. Salmo l’avevo sentito cantare Un diavolo in me a Sanremo... Ero per caso davanti alla tv, non lo sapevo, e stranamente mi era piaciuta. Ho detto: senti che bel groove. Poi in un’intervista leggo che ero il suo idolo e che mi ascolta da quando aveva 14 anni e allora ci conosciamo e scopro che non solo ha una bella cultura musicale ma scrive testi forti, mai volgari dicendo cose che penso anch’io, e nei concerti lo accompagna una band di musicisti veri, con gli attributi. Salmo è la conferma che i talenti in giro ci sono ma il lavoro da fare per durare è gestire la notorietà e saper continuamente giustificare il successo».

Zucchero, lei allora è un artista con oltre quarant’anni di “giustificazioni” iniziate con gli incerti di un mestiere.

«Avevo fatto due Sanremo, ma non funzionava e all’Universal mi ripetevano: “Tu devi fare un po’ il Riccardo Fogli e un po’ lo Zucchero”. Ma non ci riesco e così mi comunicano che era pronta la liberatoria, licenziato. Quel giorno esco dagli uffici della casa discografica nero come i miei occhiali scuri e triste come un calzino, quando incontro Sergio Poggi. Non mi andava neanche di salutarlo e gli chiedo di lasciarmi stare... Quando sente della liberatoria mi fa: "Vai a farti un giro e torna tra un’ora che voglio provare a parlare con il direttore generale. Torno e mi dice: “Allora ci sono 40 milioni (di vecchie lire), fai il disco che vuoi, ma se non funziona neanche stavolta allora... Vado a San Francisco, faccio il disco e meno male che lì dentro esce fuori Donne che si piazza al penultimo posto a Sanremo 1985 ma le radio la fanno diventare la hit dell’anno. Così, io sono ancora qui e forse non ho mai ringraziato abbastanza Sergio Poggi per quello che fece quel giorno».

Riconoscenza di un uomo coerente e poetico che il suo ritratto esistenziale lo ha trovato in Acquarello di Toquinho.

«Quella canzone è un affresco meraviglioso, dalla musica di Maurizio Fabrizio alle parole del poeta Vinicius de Moraes e l’interpretazione dolcissima di Toquinho. E’ una filastrocca per bambini ma dentro c’è un messaggio universale, nell’“acquarello che scolorirà” c’è la vita di tutti, che prima o poi scolorisce e se ne va».

Dalla poesia brasiliana al premio Nobel per la letteratura Bob Dylan, omaggiato con Knockin’ on heaven’s door.
«Sono stato indeciso fino all’ultimo se inserirla o no , perché quando vai a toccare un’icona come Dylan devi stare molto attento. Poi ascoltandola mi è balenata in testa un’idea: un duello western con la musica di Ennio Morricone e con il pedale dark iniziale, il cambio di tonalità e la campana che suona a morte in pratica ho rifatto un’altra cosa rispetto alla musica di Dylan».

Un pezzo che sicuramente apprezzerà il dylaniano Francesco De Gregori.

«Il suo album tributo a Dylan Furto e amore l’ho ascoltato spesso e con immenso piacere. Un tour assieme a De Gregori? Francesco è un amico e una volta mi disse: "Mi porteresti in tour con te in tour all’estero". Lui come me ha ancora tanta voglia di suonare e di mettersi in gioco e quindi chissà… un giorno con lui potrei organizzare quel tour che non sono riuscito a fare con un altro Francesco, l'amico Guccini. L’11 novembre intanto De Gregori mi ha invitato qui a Milano all'Out Off dove sta suonando tutte le sere e insieme faremo Diamante e I shall be released di Dylan e Everybody’s talking che sa che mi piace tanto».

Ma il vero "de amicitia" all'interno di Discover II si ritrova nel duetto con Paul Young in I see darkness.

«Con Paul l’amicizia risale ai tempi in cui registravo Oro incenso e birra e lui era nello studio affianco e viene a salutarmi dicendomi che mi stimava molto e che quell’estate in Spagna aveva sentito Senza una donna perciò mi chiese se poteva metterla nel suo nuovo disco, ma lasciando l’inciso in italiano. Allora io gli dissi: Paul ma perché non la facciamo insieme? Di nascosto dalle nostre case discografiche l’abbiamo fatta e da allora è nata un’amicizia molto profonda, con vacanze fatte assieme alle nostre famiglie e una grande affinità che va oltre quella artistica. I see darkness non la conoscevo, ma Paul questa estate è venuto a trovarmi e mi ha detto: "Zucchero, questa canzone racconta la nostra vita". Mi ha tradotto il testo e infatti parla di due amici sempre insieme con le famiglie in cui a un certo punto dice “sai quanto ti ho amato, scusa se sono sparito ma è perché ho visto il buio”. Morta la sua fantastica moglie Stacey, Paul è rimasto solo con tre figli e ha dovuto lottare contro la depressione. Anche questo ci ha uniti, perché pure io per un paio d'anni ho visto il buio. E io, come Paul, se non avessi avuto la musica non avrei mica rivisto la luce…».