Il regista. Zanussi: «Il mio film tra scienza e mistero»
«Ho appena girato un film che parla della matematica e di Dio che uscirà in autunno. È un tema che mi interessa da sempre e spero di portarlo alla Mostra del Cinema di Venezia». Krzystof Zanussi, 83 anni, anticipa ad “Avvenire” i temi del suo prossimo film, Il numero perfetto, coprodotto da Italia, Israele e Polonia, che ha a che fare con gli studi giovanili di fisica del regista. Un giovane matematicofisico è immerso nelle sue ricerche scientifiche e nell’insegnamento delle sue materie. Un suo anziano cugino ebreopolacco da Gerusalemme (in seguito al trauma della scampata morte in un attentato terroristico), vorrebbe recuperare il suo affetto, lasciandogli in eredità le ricchezze accumulate durante la sua vita da businessman. Il giovane matematico rifiuta questo improvviso interesse, vuole rimanere povero ma felice nella sua vita di insegnamento e ricercatore di Fisica. In città però si è sparsa la voce, in tanti lo ritengono ormai divenuto improvvisamente molto facoltoso, ed il giovane ricercatore si ritrova vittima di un rapimento a scopo di estorsione. Attraverso l’elaborazione delle sue teorie spaziotemporali di Fisica Quantistica, il giovane studioso sarà in grado di divincolarsi dalla prigionia e ritornare alla sua vita devota alla ricerca, oltre i limiti conosciuti della Fisica, dove la Scienza sfiora la Trascendenza. Si tratta di temi attualissimi che Zanussi approfondirà in un dibattito pubblico alla terza edizione del Lecco Film Festival, organizzato dalla Fondazione Ente dello spettacolo presieduta da monsignor Davide Milani e curato da Angela D’Arrigo, di cui sarà ospite in apertura oggi 7 luglio. La manifestazione, dal titolo 'Luci della città' si concluderà il 10 luglio ospitando tra gli altri Carlo Verdone, Valeria Solarino e Omar Pedrini.
Maestro Zanussi, lei sarà ospite al Lecco Film Festival dove di parlerà della luce portata dalla cultura.
Trovo che sia una bella occasione per incontrare il pubblico. Amo parlare con la gente di cinema e dei contenuti fondamentali, sono occasioni simpatiche, ma al tempo stesso importanti. Lo scambio diretto è sempre una cosa positiva.
Il suo nuovo film affronta la tematica del rapporto fra scienza e Mistero?
Cerco di accentuare la necessità del Mistero e fare questa distinzione fra le cose che sono enigmatiche e che sono spiegabili, e il Mistero che non sarà mai spiegato. Lo abbiamo dimenticato da un po’ di tempo, spero che cambierà con l’avvento del secolo nuovo. Arriviamo da due secoli dove il cervello ha completamente sostituito il cuore. Ma i due elementi sono collegati: non si può essere solo cerebrali o solo emotivi. Insieme si costituisce l’essere umano.
Ha fiducia che le giovani generazioni possano cambiare?
Questa è una risposta che potrebbe dare un sociologo. Intuitivamente vedo che i giovani sono arrivati a un certo punto di saturazione dei beni materiali, c’è più apertura verso altri valori spirituali e una dimensione più approfondita dell’esistenza.
I rischi del capitalismo e della globalizzazione li aveva denunciati molti anni prima Giovanni Paolo II…
La tradizione giudaico-cristiana cerca di accentuare la dimensione spirituale, la tradizione marxista e materialista riduce l’uomo alla dimensione materiale ed economica.
Anche in Ucraina oggi si vede uno scontro fra due mondi opposti. Lei dal suo osservatorio ravvicinato cosa ne pensa?
Lo vedo come una visione dell’uomo libero e dell’uomo che è ridotto alla dimensione solamente politica. C’è una tradizione occidentale concentrata sulla dimensione dell’uomo e per contro un aspetto piuttosto asiatico dell’uomo ridotto a numero all’interno di una massa.
Il suo Paese, la Polonia, ha dimostrato comunque grande generosità nell’accoglienza dei rifugiati.
Malgrado il materialismo c’è un grande potenziale dell’amore. Abbiamo accolto più di quattro milioni di rifugiati, un decimo della popolazione polacca. Io ho ospitato sei famiglie a casa, ora ne sono rimaste due: sono tutti donne e bambini, gli uomini non ci sono. Avevo spazio ed è stata una scelta naturale, perché da noi tutti hanno contribuito con qualcosa.
Vede una soluzione?
Qui la soluzione purtroppo non sarà mai diplomatica: il conflitto è senza equivoco tra indipendenza e libertà e oppressione.
In futuro il conflitto tra Ucraina e Russia potrebbe essere il soggetto di un suo film?
Lo faranno in tanti, i giovani racconteranno, lo vedo già. La guerra crea sempre situazioni estreme e critiche tra male e bene. Una consapevolezza che è stata attutita dal periodo abbastanza lungo del consumismo. Il post modernismo ha creato molti danni.
Nonostante la pandemia lei ha continuato a lavorare moltissimo per cinema, teatro, televisione.
Ho fatto molto teatro, l’arte narrativa è la mia vocazione. Ho scritto qualcosa anche per la tv. Alla mia età tutto dipende se avrò la forza di andare avanti, ma per adesso la salute c’è.
Cosa ne pensa della crisi del cinema in sala?
La sala è un luogo privilegiato dove io posso chiedere al cento per cento l’attenzione dello spettatore. Invece guardando i film in tv e sulle piattaforme uno ha molte distrazioni, il mio messaggio arriva molto diluito. Spero che tornerà il gusto per vedere collettivamente le cose e per non essere completamente isolato. Le piattaforme offrono uno spettacolo di isolamento, dove non si ride e non ci si emoziona insieme.
Lei in questi anni ha collaborato col Pontificio Consiglio della cultura. Che valore ha per lei collaborare col Vaticano?
Ho partecipato a quattro mandati e sto ancora collaborando. La trovo un’esperienza importante, mi interessa molto creare un ponte tra scienza, tecnologie e fede.