Se fosse il bilancio di un’azienda, il grafico sarebbe una freccia sparata verso il cielo. È il fenomeno delle webTv. Che in Italia sta vivendo una forte espansione e trasformazione. Erano 36 nel 2003, 152 solo tre anni dopo. A fine 2011 erano 590 ma al 31 marzo scorso hanno toccato quota 642: una nuova "antenna" ogni due giorni. Sono i dati registrati da AltraTv, il primo osservatorio italiano interuniversitario sulle micro web tv e sui media locali in rete, che da oggi fino a venerdì chiama a raccolta a Bologna editori digitali e videomaker (quattrocento gli iscritti) per il convegno
Punto IT: le Italie digitali fanno il punto.Sono diffuse in tutto il Paese: il picco in Lazio, dove sono ben 102, seguono Lombardia con 85, Puglia con 63 ed Emilia Romagna con 53. Per due terzi raccontano le realtà locali. Anche minime, persino la vita di un condominio. Paradosso del web: la rete che ha reso il mondo più piccolo diventa la voce del microterritorio.«La maggior parte di queste webtv non nascono in contesti metropolitani ma in provincia e piccoli paesi, dove resiste il tessuto connettivo – spiega Giampaolo Colletti, fondatore nel 2004 di AltraTv –. È un mondo diviso in due macroaree: i canali geolocalizzati e i canali tematici». Vale dire le antenne la cui comunità di riferimento è territoriale e quelle invece attorno alle quali si costruisce una
comunity virtuale. Entrambe condividono una forte spinta dal basso: «La prima webtv che abbiamo monitorato è stata TeleTorre19, nata nel 2001 e tutt’ora attiva in un condominio nel quartiere del Pilastro, a Bologna. Molte sono nate dall’associazionismo locale, comitati di cittadini e terzo settore». Si tratta di una caratteristica tutta italiana, spiega Colletti: «Mentre all’estero a fondarle sono soprattutto singoli, nel nostro Paese le webtv nascono da gruppi di lavoro strutturati». Un fatto che si riflette sui contenuti: «Le webtv nascono per incidere sul territorio e hanno un forte rapporto interattivo con il pubblico. Si occupano di cultura, sport, politica e sociale. Sono un contatto importante per gli italiani all’estero: metà degli ascolti di MessinaWebTv sono dall’America. In molti fanno inchieste. Tra i media digitali del Sud tanti raccontano mafie e abusi. Alcune, come Teleiato, hanno raggiunto notorietà nazionale. Ma anche in Lombardia ed Emilia Romagna nascono webtv che si occupano della mafia al Nord».Aprire una tv sulla rete non è costoso: bastano cinquemila euro, tra pc, software, attrezzatura semiprofessionale e spazio web. L’importante è che i video vengano caricati in modo costante. Cosa che avviene nel 53% delle webtv italiane, che sono aggiornate quotidianamente. E rispetto a qualche anno fa, le realtà sono sempre più professionali: «Anche perché si assiste a una migrazione delle vecchie tv locali in grossa crisi verso il web. Dove i costi sono molto più bassi: produrre un’ora di trasmissione sul web costa 1/68 rispetto a una generalista come La7». E c’è chi comincia a fare impresa: «Gli addetti sono diecimila, il 53% ha tra i 30 e 40 anni. Abbiamo stimato che il fatturato complessivo sia di 10 milioni di euro. Diminuiscono le webtv basate su autofinanziamento o donazioni: ora sono il 56% erano l’82% nel 2010». Ma è la sostenibilità la vera sfida per il futuro. «Ogni anno muore il 20% delle tv, ma il saldo è attivo. La soluzione sta nel fare rete: unire le forze abbatte i costi». E la frontiera sono smartphone e tablet: il 40% delle webtv ha un app. Erano il 15% solo un anno fa.