Triennale di Milano. Viaggio intorno al cibo: i rituali della tavola e l'invasione "aliena"
Giuseppe Matarazzogiovedì 23 aprile 2015
«Sia laudato il nome di Albina in tutte le sante cucine del paradiso! Questo piatto di uova è un meraviglioso capolavoro, Arcimaestra!». Così Gabriele D’Annunzio scriveva alla sua cuoca, Albina Becevello, in un messaggio lasciatole sul tavolo della “Zambracca”, la stanza del Vittoriale degli Italiani, dimora del poeta e scrittore a Gardone Riviera, sul Lago di Garda, in cui si faceva servire i pasti che usava consumare in solitudine, soprattutto negli ultimi anni di vita. Scritti e spazio che incuriosiscono il visitatore che alla Triennale di Milano si addentra nel magico mondo diArts&Foods, la mostra che fino al 1° novembre accompagnerà l’Expo in città, assieme all’ottava edizione del Triennale Design Museum dedicata all’“invasione” delle macchine in cucina (fino al 21 febbraio 2016). Le due esposizioni, curate da Germano Celant, sono profondamente diverse, ma unite dalla voglia di esprimere una visione plurale di linguaggi visuali e plastici, oggettuali e ambientali di tutto quello che la formula cibo-cucina-nutrizione-convivio ha rappresentato dal 1851, anno della prima Expo di Londra, fino a oggi. Tom Wesselmann: Still Life #3, 1962Una raccolta e un viaggio nel tempo che aiutano a riflettere in maniera creativa sul tema dell’esposizione universale che si aprirà il 1° maggio a Milano: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. L’energia che il cibo trasmette in centinaia e centinaia di opere, oggetti e documenti provenienti da musei, istituzioni pubbliche e private, collezioni e artisti di tutto il pianeta. Si può “ripassare” tutta l’evoluzione dell’utensileria, ma anche vedere com’è cambiata l’interpretazione della sala da pranzo, dal liberty al cubismo. Accomodarsi di fronte al bancone di un bar storico, con sedie e tavolo di fine Ottocento, sovrastati dalle pubblicità d’epoca del Bitter Campari e leggere i primi almanacchi gastronomici o i giornali di cucina futuristi del club di Marinetti e la polemica sulla pasta asciutta. Tentati dalle brioche geometriche di De Chirico, sotto l’occhio vigile di Chef Père Paul, dipinto da Claude Monet nel 1882. E se non mancano i mezzi di trasporto delle vivande, dalla carrozza attrezzata per la città alle riproduzioni di grandi navi transoceaniche, ci sono addirittura vere e proprie case. Come quella, di 57 mq, progettata negli anni Cinquanta, dall’architetto francese Jean Prouvé, per una serie di abitazioni di emergenza: La Maison des Jours Meilleurs, ideata per rispondere all’appello dell’Abbé Pierre, fondatore della comunità Emmaüs per l’assistenza e l’ospitalità degli emarginati. Anche qui tutto ruota attorno alla cucina. Luogo di aggregazione del nucleo familiare, di produzione di cibo, ma non solo: è il posto in cui si vive la casa e dove trovano spazio una radio e poi gli elettrodomestici, e una dispensa che a seconda della capienza e della ricchezza dell’offerta, diventa un identificatore economico, sociale e culturale. Non manca allora la provocazione pop di Andy Warhol che trasforma in arte i barattoli di zuppe Campbell’s. Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen: «Leaning Fork with Meatball and Spaghetti II», 1994 «Nella storia neutra dell’inventare, l’arte di cucinare i cibi e i suoi rituali sono fonti d’impulso espressivo e comunicativo – spiega Celant –. La mostra aspira ad affrontare il cibo nella sua accezione più ampia, sia per il corpo quanto per la mente e lo spirito. Tende a rappresentarne la complessità e l’universalità». Un viaggio che il catalogo (Electa, 960 pagine, euro 60) racconta passo dopo passo, con tantissime citazioni e il contributo di importanti firme, da Serge Latouche a Franco La Cecla. Un’enciclopedia delle arti e del sapere sul cibo. Il racconto continua con il design. E con l’evoluzione tecnologica che dalla rivoluzione industriale a oggi, passando per il “miracolo economico” del Dopoguerra, ha cambiato la cucina. Al punto che l’esposizione di quest’anno del Triennale Design Museum (Cucine&Ultracorpi), diventa una “spedizione” fantascientifica (messa in scena da Italo Rota) ispirata a L’invasione degli Ultracorpi di Jack Finney del 1955: gli alieni da “invasori” diventano “cospiratori” capaci di insinuarsi tra gli abitanti della terra, attuando una rivoluzione endemica della società. Ed ecco il regno dei frigoriferi, dei miscelatori, delle macchine da caffè, degli sbattitori, e di tutto quello che di tecnologico c’è nello spazio-cucina. Un racconto sul cibo. Senza cibo. Nel parco, il mega Daddies tomato ketchup di Paul McCarthy ci apparirà come una navicella pronta al decollo. Per sedersi a tavola. E ripensare al valore e al senso del cibo. Il mega ketchup di Paul McCarthy nel parco della Triennale.