La storia. Viadana, il rugby formato famiglia
Saranno 20mila anime battenti bandiera “Viadana” a scendere in campo per la finalissima del Campionato italiano Serie A Elite oggi contro il Petrarca Padova (alle 17.30 Rai 2). Viadana Rugby 1970 non è solo una società sportiva, è un paese intero sulle rive del Po che vive insieme ai giocatori, li incontra la mattina al mercato, vive, respira, lavora e sogna insieme a questi ragazzi che con l’ovale in mano fanno miracoli. Nel 2020 i festeggiamenti per i 50 anni di una storia come poche, un piccolo paese che amava il calcio e che grazie alla serietà e caparbietà di alcuni volenterosi conosce il rugby e se ne innamora. Erano gli anni successivi alle contestazioni giovanili del ‘68, c’era voglia di fare, di lasciare il segno, costruire qualcosa per sé e per gli altri e la voglia di rugby a Viadana arrivò nel 1970 da alcuni ragazzotti, tra i quindici e i vent’anni, che avevano conosciuto la palla ovale a Parma, città dove andavano a studiare. A pensarli oggi, dopo mezzo secolo, colpisce con quanta serietà, passione e spirito di sacrificio si siano impegnati per realizzare il loro sogno nonostante la giovane età e la totale assenza di mezzi economici. Si presero i colori sociali della Polisportiva Cebogas: giallo e nero, colori delle fasce dello stemma dei Gonzaga.
Seguirono anni fantastici ma non sempre facili, con due vecchi vagoni come spogliatoi, la corriera per le epiche, lunghe ma anche goliardiche trasferte. In paese si iniziava a parlare di questi arrembanti giovanotti che con spirito di sacrificio, passione e tanta forza si stavano facendo notare, non esisteva il professionismo: tre allenamenti serali ogni settimana in modo che tutti ne facessero almeno due, con qualcuno che magari la domenica mattina non si presentava forse per un sabato notte troppo allegro. Il primo straniero un neozelandese nel 1980 che girava l’Europa, ospitato per un anno tra le famiglie dei giocatori e con una paga frutto di un lavoro come operaio presso un salumificio locale. Anni epici, senza la presunzione e il sapere quanto davvero qualcosa di grande si stesse facendo, qualcosa che ha portato i leoni del Rugby Viadana 1970 ad essere tra le migliori squadre d’Europa: lo storico primo e unico scudetto del 2002, con l’Italia che era entrata nel 6 Nazioni due anni prima, le quattro finali scudetto, la partecipazione alle varie coppe europee, la trasformazione nella franchigia “Aironi” per giocare la Celtic League con le squadre più forti del continente.
Ora l’emozione e la fierezza per un paese che può diventare ancora la capitale del rugby italiano, c’è da scrivere una nuova pagina di storia di Viadana al Lanfranchi di Parma contro il Petrarca Padova. I mantovani hanno comandato tutto l’anno, primi in classifica nella “regular season” e in saccoccia anche l’onorificenza di miglior giocatore del campionato alla terza linea giallo-nera Samuele Locatelli che fa capire forza e qualità di questa squadra. Una finale inedita del campionato italiano, Viadana in finale ha vinto nel 2002 contro Calvisano e poi altre tre finali, tutte perse, contro la Benetton Treviso. Il primo scudetto vinto da una squadra che non appartiene a un capoluogo di provincia, niente Treviso, Rovigo, Padova, Milano, L’Aquila, Roma.
A spiegare cosa è Viadana è il pilone Antonio Denti, un marcantonio alto 180 centimetri per 120 chili di peso cresciuto nelle file delle giovanili del rugby Viadana e che in aprile dopo tredici anni di prima squadra ha festeggiato le 200 presenze con questa maglia: «C’è grande attesa in paese, oltre duemila con auto e pullman saranno a Parma a vedere questa finale. Viadanesi che ci danno tanta forza, la città è addobbata con le bandiere ai balconi, è davvero stupendo, ci aiuta tantissimo». Sul perché di questa piccola realtà che si è imposta nell’Europa del rugby Antonio ha la sua teoria: «Il rugby è un gioco totale, di fisico ma anche di testa e i cittadini viadanesi così come i rugbisti sono persone vere, testarde e intelligenti. Da sempre una realtà agricola e contadina, ma dagli anni ’60 anche industriale, uomini e persone che si sono fatte le ossa avviando aziende famose nel mondo, dalla mentalità vincente e con il cuore grande che batte per le proprie origini. Proprio come il Viadana Rugby 1970».
Pensando a che partita sarà non ha dubbi: «Siamo tranquilli. Non sarà una partita a senso unico, vincerà chi terrà più duro nei momenti più difficile». Denti, nato a Parma nel 1990, è sempre stato legato a questa squadra: «Giocavo a calcio, ho iniziato tardi, verso i 15 anni, e mi sono sentito subito accolto in una famiglia anche se ho conosciuto il vero rugby quando pochi anni dopo ho iniziato a giocare in prima squadra. C’ero già nell’ultima finale scudetto disputata, ero in under 20 ma avevo già esordito tra i grandi anche se non fu un’annata facile perché ad agosto mi ero rotto il ginocchio. Diciamo che questa è una mia rivincita dopo 14 anni». Viadana ti entra nell’anima, difficile pensare ad una vita senza indossare la storica maglia: «Impossibile abbandonare questi colori, il mio futuro è ancora da giocatore e terminata la carriera vedremo le opportunità che arriveranno. Quel che è certo che sarò sempre sulle tribune dello Zaffanella a tifare con una birra in mano, il mio sostegno ci sarà sempre, i tifosi sono parte fondamentale di questa società e io sarò uno di loro».