Agorà

Costume. Via Garibaldi, adesso arriva via Wanda Osiris

di Riccardo Maccioni domenica 18 gennaio 2009
Ci sono tanti modi per studiare la storia. E anche camminare in città con la testa leggermente all’insù, aiuta. Leggere con attenzione i nomi delle strade e delle piazze significa, oltre che fare i conti con la nostra ignoranza, andare alla scoperta di chi eravamo e siamo diventati. Il sottoscritto deve alla via dov’è nato la scoperta delle battaglie dell’Isonzo e dell’ossario di Oslavia con i resti di 57mila caduti. E crescendo, sempre grazie a una strada, ha approfondito la contrastata vicenda umana e politica di Pellegrino Rossi. Ma sono tanti i nomi legati a una sola stagione, di fronte ai quali tutti o quasi si fermano con aria interrogativa. Famosi scienziati, insigni linguisti, noti benefattori sono ormai solo incroci tra la loro fama di un tempo e la nostra impreparazione. Siamo certi che domani non accadrà altrettanto per i Craxi e gli Almirante, al centro di fastidiose battaglie per l’intitolazione di una strada a Roma e Milano? Già oggi per esempio, il giornalista «franchista» Mario Granbassi il cui nome ha diviso Trieste è soprattutto un parente di Margherita, bella e brava fiorettista. Ma in fondo è la storia di sempre. La fama, il desiderio di «gloria» perenne sono inscritti nel Dna degli esseri umani, armandone rabbia e passioni. Di nuovo semmai c’è il riconoscimento al ruolo che culture apparentemente «popolari» hanno nella crescita, del nostro Paese. Così accanto a Dante, a Manzoni, cominciano a fare la loro comparsa Fabrizio De André, Federico Fellini, Wanda Osiris. E chissà se la celebre Wandissima, abituata al centro del palcoscenico, avrà gradito la collocazione in periferia del giardino che le ha dedicato Milano. Rimini, per quanto capitale della «disco», non dimentica che l’Italia è patria del melodramma e ha trasformato zona Padelli in una sorta di opera a cielo aperto con via Bohème e via Tosca, via Rigoletto e via Ernani senza dimenticare l’Otello, Manon, Lucia di Lammermoor, Norma, Don Carlos e il Nabucco. A Napoli il quartiere di Secondigliano ha incastonato il suo sogno di riscatto tra vie che ricordano capolavori immortali come La Gerusalemme liberata e La certosa di Parma. Le strade che prima ricordavano attività e botteghe artigiane oggi si chiamano Il giardino dei ciliegi o celebrano De Sica con Miracolo a Milano. «Credo che le strade che già ce l’hanno, dovrebbero mantenere il vecchio nome, comprese le zone di campagna che diventano città – sottolinea Enzo Caffarelli, direttore della Rivista italiana di onomastica e autore, con Carla Marcato, del recente I cognomi d’Italia: dizionario storico ed etimologico edito da Utet –. Se parliamo invece delle aree di circolazione che nascono ex novo, allora penso che anziché intitolarle a un chimico o a un astronomo del ’500 che nessuno ricorda, sia più intelligente richiamare personaggi che appartengono all’attualità. E oggi la popolarità riguarda soprattutto attori, registi, sportivi». Anche la politica però fa ormai parte del mondo dello spettacolo. «Sono d’accordo con chi dice che nella scelte dei nomi delle vie si potrebbero evitare i politici, anche perché sono quelli più soggetti a revisione. A meno che non si tratti di eroi o patrioti. Ci sono strade che hanno cambiato nome 5 o 6 volte, a seconda delle maggioranze». In Italia la normativa per dare il nome alle strade risale al 1927. La scelta spetta ai Comuni con l’assenso della Prefettura, che ha facoltà di veto. Punto di partenza è che la persona sia morta da almeno 10 anni. Con ampie possibilità di deroghe, se è vero per esempio che Otranto dedicò una strada a Giovanni Paolo II con il Papa ancora in vita. «La scelta dei dieci anni si spiega con la necessità di far decantare l’entusiasmo intorno a un personaggio appena scomparso – aggiunge Caffarelli –. Io stesso però quando morì Gino Bartali scrissi che era inutile aspettare, perché i suoi più grandi meriti con la vittoria al Tour mentre l’Italia era sull’orlo della guerra civile risalivano a mezzo secolo prima». Le ultimi indagini sui nomi delle strade – cioè i «topònimi» – risalgono al 1999, quando Seat Pagine Gialle diffuse i dati di uno studio su tutti i Comuni d’Italia. Nel nostro Paese la via più diffusa è Roma, seguita da Garibaldi, Marconi, Mazzini, Dante, Cavour, Giacomo Matteotti e Giuseppe Verdi. Più nel dettaglio (qui i dati sono del 2005) in Lombardia – sempre dopo il richiamo alla capitale – sul podio Marconi precede Garibaldi mentre, tra gli immortali della letteratura, Dante sopravanza il lombardo Manzoni. Scendendo più a Sud, in provincia di Bari vince Garibaldi su Mazzini, così come nel Palermitano dove l’eroe dei due mondi precede Camillo Benso conte di Cavour e Mazzini. Certo nella prossima indagine ci saranno parecchi nomi nuovi. Nelle scorse settimane il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha scoperto la targa con il nome di Francesco Crucitti, il chirurgo che operò Wojtyla ferito da Alì Agca, anticipando la volontà di dedicare una piazza ad Aleksandr Solzenicyn. Restando nel mondo della cultura, Milano nel luglio scorso ha reso omaggio a Giorgio Strehler intitolandogli l’ex via degli Angioli, a pochi metri dal «suo» Piccolo Teatro. Poco più in là, in zona Porta Nuova tra via Marco Polo e viale Monte Santo, dal marzo 2006 una strada ricorda lo humour di Gino Bramieri. Qualche centinaia di metri ancora ed ecco i giardini pubblici intitolati a Indro Montanelli. All’ingresso una statua lo ritrae mentre seduto su una pila di giornali scrive con la mitica «Lettera 22». E chissà che non stia raccontando questi nostri giorni inquieti in cui ci si accapiglia persino sul nome di una strada.